La Chirurgia mininvasiva, laparoscopica o robotica, riveste contro il tumore della prostata e in generale in Urologia un ruolo sempre più importante. Come conferma l’esperienza del professor Francesco Porpiglia.
La chirurgia mininvasiva, eseguita mediante approccio laparoscopico puro o robot-assistito, riveste un ruolo sempre più importante in campo urologico, in particolar modo per quanto riguarda il tumore alla prostata. «Non prevede tagli di grosse dimensioni, ma si serve di piccole incisioni attraverso le quali gli strumenti vengono introdotti per mezzo di apposite cannule», spiega il professor Francesco Porpiglia, urologo della Clinica Fornaca e direttore della Struttura complessa a direzione universitaria di Urologia dell’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano.
Anche gli urologi della Clinica Fornaca ricorrono con regolarità alla chirurgia mininvasiva laparoscopica: «In massima sicurezza e tranquillità – osserva il professor Porpiglia -, garantite da sistemi ad alto contenuto tecnologico che, associati all’esperienza del chirurgo, offrono risultati di pari efficacia a quelli ottenuti nelle strutture pubbliche di prim’ordine». Al San Luigi, il professor Porpiglia utilizza anche la chirurgia robotica, con la quale ha complessivamente superato i 1500 interventi, 300 dei quali sono stati eseguiti nel corso del 2015: «Gli strumenti robotici sono guidati dalle mani del chirurgo mediante un’apposita consolle – spiega -, affinché il gesto chirurgico sia facilitato».
«Il risultato ottenuto è quello della precisione estrema dei movimenti – prosegue il professor Porpiglia -: appunto grazie alla visione in 3D, alla demoltiplicazione dei movimenti e al filtraggio del tremore della mano, che garantiscono movimenti molto fini. Inoltre, le estremità dei bracci contano sette gradi di libertà di movimento, ben due in più di quelli del polso umano». In urologia, la precisione è più che mai preziosa in diverse situazioni: «In caso di prostatectomia radicale, le suture tra vescica e uretra risultano più agevoli e anatomiche – spiega il professor Porpiglia -, mentre la visione in 3D permette la micro-dissezione dell’apice della prostata, consentendo di preservare, quanto più possibile, le strutture dedicate alla continenza e alla potenza sessuale».
La chirurgia robotica funziona soprattutto quando a eseguirla è un chirurgo esperto: «Il vantaggio che ne deriva è direttamente proporzionale al numero di interventi effettuati dal professionista e dalla sua équipe – conferma il professor Porpiglia -: a livello di continenza urinaria i risultati del San Luigi (95 per cento a un mese dall’intervento, 98,5 per cento a tre mesi dall’intervento) si pongono tra i più brillanti a livello internazionale. Esiti altrettanto efficaci riguardano la potenza sessuale, specie nei pazienti affetti da una malattia che consente il risparmio delle strutture neuro vascolari deputate al mantenimento dell’erezione». La chirurgia oncologica prostatica rappresenta la massima indicazione per il robot: «Tuttavia – specifica il professor Porpiglia – la robotica sta avendo grande successo anche nel campo della chirurgia ricostruttiva della via escretrice e della chirurgia conservativa eseguita per tumori renali, in particolar modo nei casi complessi».