Dolore all’anca: qual è la causa? Come posso curarlo? Quando è necessario ricorrere alla protesi? Quali sono le alternative? Ne abbiamo parlato con il dottor Carlo Faletti, radiologo della Clinica Fornaca e con il professor Alessandro Massè, ortopedico della Clinica Fornaca e direttore della Prima clinica ortopedica dell’ospedale CTO di Torino.
Perché si prova dolore all’anca?
«Il dolore all’anca è causato dalla degenerazione della cartilagine dell’articolazione coxo-femorale – ha spiegato il professor Massè -, quella che fa cioè incontrare il femore con l’acetabolo, che è la cavità dell’anca deputata ad accogliere la testa del femore». La cartilagine ha una funzione di cuscinetto per permettere lo scorrimento senza attriti delle ossa: «Quando la cartilagine si deteriora e si infiamma ci troviamo di fronte all’artrosi d’anca».
Quali sono i sintomi dell’artrosi dell’anca? E quali le cause?
«Il dolore all’anca è caratterizzato da un dolore diffuso a livello dell’inguine che si sente anche su ginocchio e anca – ha risposto il professor Massè -. Si tratta di una patologia crescente che in Italia registra oltre 120mila interventi l’anno e che risulta la più comune tra le persone sopra i 65 anni di età. L’età avanzata ha spesso un ruolo decisivo nel processo di degenerazione della cartilagine, talvolta favorito anche dal sovrappeso o dalla familiarità con questa patologia. Ma l’artrosi d’anca può essere altresì causata da fattori traumatici o da malformazioni scheletriche».
Come si diagnostica l’artrosi dell’anca?
«La diagnosi si realizza grazie all’esame radiologico che fa seguito ai sintomi iniziali della patologia – ha rivelato il dottor Faletti -. L’esame mette in evidenza le eventuali deformazioni dell’articolazione, in particolare la riduzione dello spazio tra le due estremità dell’articolazione (la cosiddetta rima articolare) o la presenza di escrescenze o cisti ossee (osteofiti e geodi)».
Protesi d’anca: quando è necessario ricorrere a questo tipo d’intervento?
«L’usura della cartilagine e il conseguente danneggiamento dell’osso sottostante pregiudicano ancor di più la mobilità del paziente che ha l’artrosi – ha spiegato il professor Massè -. Aumenta il dolore, soprattutto in situazioni di carico, mentre si riducono articolarità e forza. In sintesi, c’è un peggioramento della qualità di vita che può portare all’indicazione dell’intervento protesico».
Una protesi è per sempre? O ha una durata limitata?
«La durata della protesi d’anca dipende da una serie di fattori – ha precisato il professor Massè -: un uso corretto dopo l’intervento, la qualità dell’osso e dei materiali utilizzati possono fare la differenza. Nel 98 per cento dei casi dopo dieci anni è ancora perfetta, nel 90 per cento dei casi lo è anche dopo vent’anni e oltre. La protesi non ha terminazioni nervose e questo impedisce al paziente di capire se e come si sta usurando, ecco perché risulta necessario sottoporsi a controlli periodici».
Qual è il vantaggio maggiore dell’intervento di protesi d’anca?
«Scompare il dolore e con l’adeguata fisioterapia si ripristina il movimento perduto», ha concluso il professor Massé non senza aver sottolineato il ruolo importante giocato dalle tecniche d’intervento mininvasive e dalla chirurgia conservativa che, nei pazienti di età inferiore ai 45 anni, è in grado di ritardare il ricorso alla protesi.
Per l’artrosi dell’anca esiste un’alternativa alla protesi?
«Dipende dall’età del paziente nonché dal grado di compromissione ossea e cartilaginea dell’articolazione – ha specificato il dottor Faletti -. In casi selezionati è possibile ricorrere alle infiltrazioni di acido ialuronico che esercitano una funzione lubrificante, utile anche ad ammortizzare lo stress meccanico dell’articolazione».
Come si svolgono le infiltrazioni di acido ialuronico? Quali vantaggi determinano?
«L’infiltrazione all’anca è ecoguidata e per il paziente può risultare fastidiosa al pari di un’iniezione sul gluteo – ha chiuso il dottor Faletti -. Tra i vantaggi figurano l’attenuazione del dolore all’anca e il miglioramento della mobilità articolare che, assieme alla prevenzione del deterioramento delle cartilagini, favorisce una ripresa della qualità di vita. Non è da trascurare, infine, l’effetto antinfiammatorio e quello di ricostruzione dello strato più superficiale della cartilagine».