«Obesità? L’endocrinologo deve intervenire affinché le alterazioni metaboliche non portino a importanti complicanze vascolari», spiega il professor Ezio Ghigo, coordinatore del Centro di Endocrinologia, diabetologia e metabolismo della Clinica Fornaca.
«L’obesità può rappresentare il problema o essere il sintomo di una malattia: l’endocrinologo ha il compito di riconoscerla e curarla prima che determinate alterazioni metaboliche quali diabete, dislipidemia, iperuricemia conducano, soprattutto quando associate a ipertensione, a importanti complicanze vascolari. La classica obesità viscerale, quella dell’uomo magro con la pancia, si associa infatti con altissima frequenza a diabete, ipercolesterolemia, arteriosclerosi e iperuricemia che talvolta si manifesta con la classica gotta: tutti pesanti fattori di rischio per cuore e cervello. Prevenire significa impedire che queste alterazioni conducano per esempio il paziente a infarto, ictus o trombosi».
Il professor Ezio Ghigo è coordinatore del Centro di Endocrinologia, diabetologia e metabolismo della Clinica Fornaca, direttore della struttura di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo della Città della salute e della scienza di Torino, professore ordinario di Endocrinologia e direttore della Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Torino.
Professor Ghigo, anche in campo endocrinologico la prevenzione gioca un ruolo decisivo. Perché è tanto importante?
«Prevenire le malattie metaboliche, in larghissima parte determinate da eccedenza di peso e obesità, consente di combattere l’alta incidenza di diabete e di complicanze vascolari che riguardano la nostra società. Non si tratta di curare l’infarto o l’ictus dopo che sono avvenuti ma di lavorare affinché non avvengano: la persona che ritorna a un peso normale vede svanire di colpo alterazione di pressione, glicemia e colesterolo. Ecco perché la vera battaglia è distinguere il tipo di obesità per affrontarla nel modo migliore».
Oltre a quella viscerale (o addominale), in quale tipo di obesità può imbattersi l’endocrinologo?
«Nell’obesità sottocutanea (o ginoide): è quella dei quadri di Botero che raffigurano donne pingui, in eccedenza di peso più sui fianchi che sulla pancia. A differenza di quella viscerale, l’obesità sottocutanea non si associa ad alterazioni metaboliche, anche se risulta comunque un problema clinico da affrontare e curare».
In che modo l’endocrinologo si prende cura del paziente obeso?
«Intanto facendogli capire l’importanza di prevenire le cause che arrivano da lontano anziché le conseguenze ultime e tangibili. Spesso si tratta di elementi che non sentiamo né vediamo e che perciò trascuriamo. Ma una volta inquadrato sotto la giusta luce, il problema viene affrontato con le adeguate terapie farmacologiche e, ancora prima, grazie alla collaborazione di altri medici specialisti: il dietologo, l’esperto in scienze motorie e, quando necessario, lo psicologo e il chirurgo».
Dieta ed esercizio fisico: come aiutano il paziente obeso?
«Si tratta di due vere, fondamentali e irrinunciabili terapie. La dieta è una rieducazione alimentare che deve contare sulla grande sintonia tra paziente e medico: il primo sa di dover dimagrire e perciò di dover ridurre il numero di calorie, il secondo cercherà di rispettarne le preferenze alimentari senza perciò fargli vivere la dieta come una punizione. Altrettanto importante è un preciso programma di esercizio fisico: fa spendere calorie e induce i muscoli a produrre sostanze che aiutano a dimagrire».
E se questo tipo di terapia non funziona?
«In caso di obesità grave associata a complicanze si può ricorrere alla chirurgia bariatrica che produce modifiche gastrointestinali attraverso le quali si perdono molti chili di peso. Anche in questo caso il risultato associato alla perdita di peso è sparizione di diabete, dislipidemia, ipertensione e pressoché ogni altra complicanza. Rappresenta la via di salvezza per il paziente con grave obesità che non risponde alla terapia medica».
L’obesità è una malattia legata allo stile di vita?
«In tutto il mondo occidentale l’eccedenza di peso e l’obesità rappresentano una vera pandemia. Oggi negli Stati Uniti quasi il 50 per cento della popolazione risulta essere in sovrappeso o francamente obeso, trent’anni fa la percentuale non arrivava a 20».
E in Italia?
«In Italia, l’abitudine alla dieta mediterranea e un rapporto meno assiduo con il cosiddetto “junk food” (cibo spazzatura) ci consegnano numeri meno drammatici: l’attuale frequenza di soggetti con eccedenza di peso si assesta sul 25-30 per cento. Il dato allarmante è però quello relativo ai bambini: nel loro caso la percentuale sale al 30 per cento, numeri che preoccupano perché predicono importanti problemi psicofisici, anche a lungo termine».
Come si spiega questa crescita allarmante?
«Viviamo tutti in modo scarsamente propedeutico alla vita sana. Non è un caso che il numero delle persone diabetiche, all’inizio di questo secolo pari al 4-5 per cento, sia oggi salito all’8 per cento e che l’ipertensione sia frequentissima, anche tra chi non sa di averla. Lo stress, la mancanza di tempo e i mille impegni delle nostre giornate cedono raramente il passo alla nostra vita sana e ne paghiamo le dirette conseguenze».