Neoformazioni articolari e miotendinee: ci sono dieci cose da non fare


Di neoformazioni s’e discusso nel corso dell’incontro promosso dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca con il dottor Raimondo Piana e la dottoressa Tiziana Robba, introdotti dal professor Michele Portigliatti Barbos e dal dottor Carlo Faletti: è una patologia spesso banalizzata e a torto facilmente trattabile da un punto di vista chirurgico. Neoformazioni articolari e miotendinee: […]

Di neoformazioni s’e discusso nel corso dell’incontro promosso dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca con il dottor Raimondo Piana e la dottoressa Tiziana Robba, introdotti dal professor Michele Portigliatti Barbos e dal dottor Carlo Faletti: è una patologia spesso banalizzata e a torto facilmente trattabile da un punto di vista chirurgico.

Neoformazioni articolari e miotendinee: ci sono dieci cose da non fare nell’approccio a questa patologia e se n’è parlato mercoledì 16 maggio al Centro congressi dell’Unione industriale durante l’incontro promosso dal Comitato scientifico della Clinica Fornaca che ha registrato gli interventi del dottor Raimondo Piana, responsabile della Chirurgia oncologia ortopedica del CTO di Torino e della dottoressa Tiziana Robba, radiologa dello stesso Ospedale, ambedue introdotti dal professor Michele Portigliatti Barbos e dal dottor Carlo Faletti, rispettivamente ortopedico e radiologo della Clinica Fornaca. 

«In Ortopedia – è stata la premessa dell’incontro – è oggi in aumento la probabilità di errore per i tumori delle parti molli, patologia spesso banalizzata che però colpisce a tutte le età e con varie manifestazioni clinico-radiologiche». Il trattamento chirurgico appare semplice e alla portata di tutti ma, nella realtà, occuparsi in modo appropriato di queste lesioni richiede uno screening attento e un approccio interdisciplinare volti a ridurre errori o ritardi diagnostici nonché vari altri rischi, compreso quello di recidiva.

Il dottor Piana ha richiamato il decalogo («di grande semplicità e attualità») del professor Mario Campanacci, storica figura di riferimento nel campo dei tumori muscoloscheletrici. «Non si tratta più di una patologia rara – ha premesso -: nel 1999 si registravano 1200/1500 casi l’anno, ma quel numero s’è oggi raddoppiato per via del miglioramento delle tecniche radiologiche e perché s’è preso coscienza dell’esistenza di questa patologia». Spesso si tratta però di lesioni piccole e subdole: «Talvolta rimosse in ambulatorio senza un esame ecografico o bioptico, un’azione sbagliata che riduce di molto la percentuale di guarigione facendola scendere dall’iniziale 70 per cento a meno del 30 per cento», ha fatto notare il dottor Piana.

Il primo errore è quello di avventurarsi in una diagnosi senza aver valutato bene anamnesi, diagnostica per immagini, esami, aspetto macroscopico e istologia. A tal proposito, il dottor Piana ha esposto il caso di un paziente 53enne con una massa alla coscia trattata come un ematoma e svuotata con un doppio accesso: solo l’esame istologico ha rilevato una lesione dei tessuti molli ad alto grado di malignità che ha poi consentito di curarlo nel modo più appropriato. «Il dato clinico è indispensabile anche per la valutazione radiologica – ha sottolineato la dottoressa Robba -. Nel momento in cui il radiologo si trova di fronte a una lesione che al suo interno ha un sanguinamento deve sempre chiedere al paziente se ha avuto un trauma. Sembra una banalità ma non lo è affatto, visto che la causa più frequente nello scambiare un sarcoma con un ematoma è proprio il mancato colloquio con il paziente». L’ematoma deve avere un’evoluzione temporale discretamente rapida: deve aumentare di dimensioni e poi diminuire, se non capita è opportuno indagare in modo ulteriore.

«A rendere più difficoltoso il percorso diagnostico dei sarcomi c’è il fatto che si tratta di tumori quasi sempre asintomatici – ha aggiunto il dottor Piana -. Raramente hanno una sintomatologia dolorosa e se non hanno uno sviluppo verso la superficie vengono difficilmente diagnosticati in tempo». Diventa perciò fondamentale il ruolo della Diagnostica per immagini: «L’esame radiografico a tutt’oggi mantiene una capacità diagnostica e un’immediatezza di immagine assoluta», ha ribadito la dottoressa Robba, confermando inoltre la grande utilità dell’esame ecografico nell’individuare il grado di aggressività di una lesione.

Il secondo errore della lista è quello più frequente: «Consiste nell’eseguire una biopsia o una terapia chirurgica senza aver completato uno studio per imaging», ha specificato il dottor Piana prima di soffermarsi sul successivo: «Nel sospetto di una metastasi ossea, sarebbe bene svolgere l’indagine per scoprire l’ipotetico tumore primitivo anziché fare subito la biopsia della lesione ossea, come invece capita il più delle volte». Anche il quarto errore si registra con una certa frequenza e consiste nello sbagliare la biopsia: «Eseguirla non correttamente complica la strada per il paziente – ha osservato -. Esistono varie modalità ma vanno sempre ragionate sul singolo paziente».

Rimuovere il tumore e rimandare la diagnosi istologica a cose fatte in presenza di una lesione potenzialmente maligna è un altro errore frequente: «È quella che gli inglesi definiscono “oops surgery” – ha osservato il dottor Piana -: procedure chirurgiche o bioptiche eseguite senza immaginare che si possa trattare di una patologia oncologica primitiva». Sottostimare un tumore delle parti molli, operare le lesioni che non hanno nessuna indicazione chirurgica, introdurre mezzi di sintesi in una frattura patologica, eseguire una chirurgia senza tenere conto delle terapie associate (radioterapia e chemioterapia), ricorrere alle tecniche associate laddove la situazione è ormai compromessa: sono gli altri errori che completano il decalogo del professor Campanacci.

Le conclusioni sono state infine affidate al dottor Carlo Faletti: «Stiamo parlando di un’eccellenza totalmente torinese e piemontese – ha detto parlando della diagnosi e cura dei tumori muscoloscheletrici – e sono stati i medici del CTO a inventare l’ecografia diagnostica con mezzo di contrasto sui tumori delle parti molli». Un’affermazione che ha anticipato l’importante raccomandazione finale: «Una piccola tumefazione delle parti molli che va a fare l’ecografia andrebbe seguita sempre da controllo con mezzo di contrasto».