Ne hanno parlato il dottor Enrico Caruzzo e la dottoressa Piercarla Schinco al primo incontro del ciclo autunnale dei “Martedì Salute”: quest’aritmia colpisce il 2 per cento della popolazione e comporta un aumento del rischio di ictus pari a cinque volte, i NAO (Nuovi anticoagulanti orali) rappresentano la prima scelta della terapia anticoagulante.
“Fibrillazione atriale: meglio prevenire l’ictus oggi che trattarlo domani”: era il titolo dell’incontro che lo scorso 2 ottobre ha inaugurato il ciclo autunnale dei “Martedì Salute”, in programma alla GAM Galleria d’arte moderna di corso Galileo Ferraris 30, a Torino. Sul palco, a illustrare la più frequente tra le aritmie del cuore, c’erano il dottor Enrico Caruzzo, responsabile del servizio di Cardiologia della Clinica Fornaca e la dottoressa Piercarla Schinco, ematologa e medico internista della Fornaca, già Direttore del Centro di riferimento regionale per le Malattie trombotiche ed emorragiche dell’adulto presso la Città della Salute e della Scienza di Torino.
Ad accogliere il folto pubblico accorso al primo appuntamento stagionale dei “Martedì Salute” c’era il professor Giancarlo Isaia, presidente dell’Accademia di Medicina di Torino: «La forza di questi incontri risiede nella capacità dei relatori di usare un linguaggio semplice e accessibile a tutti – ha affermato -. Oggi emerge più che mai la necessità di informare e di essere informati su tutti i temi della salute: si vive più a lungo, si curano più malattie e si conta perciò una popolazione più anziana e cronicizzata. Favorire l’adozione di comportamenti virtuosi può aiutare a prevenire lo “tsunami anziani” che ci aspetta nei decenni a venire».
«La fibrillazione atriale colpisce oggi quasi il 2 per cento della popolazione generale mondiale: ben più di sei milioni di europei lamentano questa forma di aritmia e si prevede che con il progressivo invecchiamento della popolazione la sua prevalenza raddoppierà nei prossimi 50 anni», ha premesso il dottor Caruzzo. Che ha rimarcato un aspetto importante: «Rispetto alla popolazione generale, la fibrillazione atriale comporta un aumento del rischio di ictus pari a cinque volte . ha sottolineato -. Complessivamente si stima che sia responsabile del 20 per cento di tutti gli ictus ischemici, malattia che tra le altre cose genera un enorme impatto economico e sociale». Ecco perché una precoce diagnosi della fibrillazione atriale e un corretto trattamento: «Possono impattare in modo significativo su quella che risulta essere la prima causa di disabilità al mondo».
Per la fibrillazione atriale si ha una predisposizione che può essere favorita da patologia cardiaca o da patologia non cardiaca: «Tende a recidivare – ha osservato il dottor Caruzzo – e può presentarsi attraverso sintomi molto chiari come palpitazioni (presenti nel 78 per cento dei casi), affaticabilità (67 per cento) e dispnea (68 per cento) ma può anche farlo senza alcun sintomo».
Dal canto suo, la dottoressa Piercarla Schinco ha ribadito un concetto molto importante: «Il rischio principale dei pazienti con fibrillazione atriale è quello di ictus embolico cerebrale e il costo sanitario e sociale del recupero di un paziente colpito da ictus è di gran lunga maggiore del costo della prevenzione farmacologica dello stesso». Ma mentre fino a pochissimi anni fa la profilassi primaria si avvaleva sia di farmaci antiaggreganti piastrinici sia di farmaci anticoagulanti, oggi le più recenti linee-guida internazionali non indicano più la strategia antiaggregante: «Sono disponibili farmaci innovativi molto efficaci e la ricerca farmaceutica continua a proporre importanti novità – ha osservato -. I cosiddetti NAO (Nuovi anticoagulanti orali) non costringono più il paziente né a variare la dose del farmaco né a osservare diete speciali. Inoltre, i NAO risultano associabili alla maggior parte degli altri farmaci e vantano una farmacocinetica completamente diversa dai farmaci che li hanno preceduti e che sono stati per anni l’unico riferimento dei pazienti».
I numeri esposti dalla dottoressa Schinco hanno infine rimarcato l’efficacia dei NAO, capaci di ridurre del 20 per la possibilità di stroke embolico e del 10 per cento la sua mortalità, nonché di dimezzare il rischio di emorragia cerebrale. «I pazienti ricorrono volentieri a questi nuovi farmaci – ha concluso l’ematologa della Clinica Fornaca -, sostenuti anche dalla quai totalità della letteratura specifica che individua nei NAO la prima scelta della terapia anticoagulante, almeno nelle fibrillazione atriale e nel tromboembolismo venoso».