Si trattava di una particolare malformazione vascolare presente in una zona molto delicata e che aveva già dato forma a due pericolosi sanguinamenti: l’intervento è stato eseguito dal dottor Francesco Zenga, specialista della Clinica e della Neurochirurgia a direzione universitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino diretta dal professor Diego Garbossa.
Asportazione di un angioma cavernoso del tronco encefalico: è lo straordinario intervento neurochirurgico eseguito alla Fornaca dal dottor Francesco Zenga e dal professor Diego Garbossa. In sala operatoria erano presenti anche il dottor Antonio Melcarne e la dottoressa Carola Vera Jünemann, neurofisiologa, nonché l’équipe di anestesisti e rianimatori della Città della Salute e della Scienza.
Dottor Zenga, che cos’è un angioma cavernoso?
«È una malformazione vascolare presente in circa lo 0,5 della popolazione. Si tratta della presenza di capillari arteriosi e venosi anomali, privi di tessuto cerebrale interposto. Questa malformazione si può presentare in forma sporadica (con un solo angioma cavernoso presente nel cervello, nel tronco dell’encefalo o nel midollo spinale) o in forma familiare con angiomi cavernosi multipli, presenti anche a decine. Nel caso del paziente da noi operato si trattava di un angioma cavernoso singolo, presente all’interno del tronco dell’encefalo»,
Qual è l’importante funzione svolta dal tronco dell’encefalo?
«Il tronco dell’encefalo è la struttura che mette il cervello in comunicazione con il midollo spinale e all’interno della quale sono situati i nuclei dei nervi cranici: la vera e propria “centralina elettrica” dell’essere umano. Questi ultimi figurano in dodici paia: a parte il primo e il secondo (quello olfattorio e quello ottico) che originano da altre parti, gli altri dieci hanno tutti origine da qui. Vanno verso la faccia e, tra gli altri compiti, hanno quello di muovere gli occhi, concedere la sensibilità, permettere i movimenti di lingua e volto, consentire la deglutizione, contribuire alla fonazione e al movimento delle spalle. È una struttura di circa quattro centimetri e definirla “delicata” non rende l’idea: passa tutto da qui, compresi i centri cardiaci e del respiro. Tutte le funzioni più primordiali, dal battito cardiaco alla respirazione, hanno origine nel tronco dell’encefalo».
È perciò facile intuire che un angioma cavernoso localizzato nel tronco dell’encefalo rappresenti un grosso problema. È corretto?
«Quando gli angiomi cavernosi sono di riscontro occasionale, si può anche decidere di non fare nulla perché possono risultare del tutto asintomatici. In altri casi possono invece sanguinare o causare crisi epilettiche, in quel caso si valuta l’intervento chirurgico. Di norma, il rischio sanguinamento di un angioma cavernoso è piuttosto basso, ma se succede una volta è facile che accada anche una seconda e allora diventa un problema, anche perché più sanguina e più aumenta di volume».
Qual era la situazione del paziente operato in Fornaca?
«Il suo angioma cavernoso aveva già sanguinato due volte e, nel suo paese di residenza, gli era stato sconsigliato l’intervento chirurgico perché considerato troppo rischioso. Durante i due sanguinamenti aveva peraltro patito gravi disturbi di deglutizione, che non significa solo non mandare giù il cibo: c’è il rischio di inalare cibo o liquidi che possono finire nella trachea e favorire infezioni polmonari e costituire un problema veramente grave. Io ho valutato la Risonanza magnetica a distanza e confermato che l’intervento era fattibile, soprattutto in virtù del fatto che il paziente aveva già sanguinato due volte».
Come si è svolto l’intervento chirurgico?
«È durato cinque ore ed è stata fondamentale la presenza della dottoressa Jünemann, incaricata di monitorare le funzioni neurofisiologiche del paziente e, in modo particolare, di svolgere il mappaggio del pavimento del quarto ventricolo, struttura all’interno della quale si trovano i nuclei dei nervi cranici. Altro strumento prezioso per la buona riuscita dell’intervento è stato il neuronavigatore, una sorta di GPS che, assieme alle informazioni fornite del neurofisiologo, mi ha permesso di scegliere un punto d’ingresso sicuro che mi ha consentito di entrare all’interno dell’angioma cavernoso e di toglierlo. Il paziente ha trascorso le prime 24 ore post intervento in Terapia intensiva, dopodiché ha recuperato completamente nel giro di una settimana ed è tornato a casa nella sua terra d’origine. S’è trattato di un intervento risolutivo che ha eliminato per sempre il suo problema: continuo a seguirlo a distanza e la Risonanza magnetica che mi ha inviato pochi giorni fa conferma il buon esito dell’intervento».
Si tratta di un intervento così straordinario?
«Sì. In Fornaca non era mai stato eseguito e, in generale, sono poche le strutture ospedaliere in grado di coniugare a livello così alto tecnologia ed expertise medico supportato dall’affiatamento dell’équipe chirurgica, anestesiologica e infermieristica che ha affrontato con successo un angioma cavernoso di quel tipo localizzato in una zona tanto delicata e impegnativa».