«Cute in eccesso, tessuto adiposo e diastasi sono tre problemi che affliggono donne di tutte l’età, soprattutto dopo la gravidanza: un unico intervento li può risolvere tutti», spiega il dottor Daniele Bollero, specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica della Clinica Fornaca. Che rivela come a questo intervento venga spesso abbinata la ricostruzione del seno, con protesi o lipofilling.
«Riprendere il pieno possesso del proprio corpo dopo la gravidanza è una richiesta sempre più frequente tra donne di tutte le età, con una prevalenza tra quelle che hanno figli già grandi e decidono di tornare a concentrarsi su se stesse. L’intervento di lipoaddominoplastica è quello che in molti casi risponde nel modo migliore a questo tipo di esigenza, garantendo risultati molto evidenti che in un colpo solo risolvono tre problemi di carattere estetico e, talvolta, funzionale».
Il dottor Daniele Bollero, specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica della Clinica Fornaca e della Città della Salute e della Scienza di Torino, sintetizza in questo modo una situazione assai comune che coinvolge un numero sempre crescente di donne.
Dottor Bollero, il percorso compiuto da queste pazienti prende spesso origine dalla diastasi dei muscoli retti dell’addome? DI cosa si tratta? Come si interviene?
«Spesso la problematica di partenza è quella della pancia. Molte donne riferiscono di avere un addome prominente, al punto da sentirsi chiedere se sono ancora incinte. Una visita specialistica e un’ecografia della parete addominale sono sufficienti per avere la diagnosi di diastasi, vale a dire la separazione centrale dei muscoli retti. Durante la gravidanza, la linea di tessuto fibroso che a livello dell’ombelico attraversa i muscoli, si allarga e non recupera: la donna può anche tonificare i muscoli, ma la bandelletta centrale rimane allargata e il chirurgo deve allora intervenire per risuturare. Talvolta la diastasi può inoltre creare problemi funzionali come ernie, addome gonfio, dolore alla schiena».
Sistemare la diastasi diventa però solo una parte dell’intervento di lipoaddominoplastica. Quali altri aspetti vengono valutati e corretti?
«La correzione della diastasi si abbina a quella della cute in eccesso e a quella del tessuto adiposo. Quello di lipoaddominoplastica è l’intervento che affronta e risolve tutti e tre gli elementi: la diastasi e la sua eventuale ernia si correggono con una semplice sutura, l’eccesso di cute viene affrontato con la classica addominoplastica, mentre per il tessuto adiposo si ricorre alla liposuzione. Per quest’ultima procedura, la Clinica Fornaca può contare su un modello innovativo che alla tecnica di liposuzione unisce la vibrazione: il risultato è un’eliminazione del tessuto adiposo più rapida, meno traumatica e più fisiologica. Al termine dell’intervento di lipoaddominoplastica, che dura di norma circa quattro ore, la paziente si ritrova con un addome completamente cambiato sulle tre dimensioni: fianchi, parte anteriore e parti laterali. Il cambiamento è nella maggior parte dei casi molto evidente, basti pensare che in circonferenza si possono perdere anche 20 centimetri».
Non capita di rado che assieme a quello di lipoaddominoplastica venga richiesto ed eseguito l’intervento che ricostruisce il seno. In che modo?
«Sempre dopo la gravidanza, alcune donne possono avere una discesa o uno svuotamento dei tessuti del seno. È in questi casi che viene richiesto un aumento di volume del seno. Il chirurgo plastico può anche abbinare questo intervento a quello dell’addome. Ridare il volume a un seno ha ancora oggi come prima opzione le protesi, ma sempre più di frequente c’è l’utilizzo del tessuto adiposo della paziente: il cosiddetto lipofilling della mammella. In Fornaca è possibile farlo: togliere il grasso dall’addome e metterlo nel seno dopo un processo di pulizia e recupero. La capacità del tessuto adiposo di creare volume è notevole e la sicurezza dell’intervento è assoluta. L’approccio è meno invasivo e il recupero più celere. Il lipofilling non esclude peraltro la possibilità di ricorrere in seconda battuta a una protesi».