Quando la cornea perde in maniera irreversibile la sua trasparenza, diventa fortemente irregolare o, ancora, rischia di perforarsi e le terapie meno invasive non risolvono il problema, si rende necessario sostituirla mediante l’intervento chirurgico di trapianto di cornea, detto anche cheratoplastica. Ne parliamo con il professor Ugo de Sanctis, oculista della Clinica Fornaca e della Città della Scienza e della Salute di Torino, specializzato in chirurgia della cornea e in chirurgia della cataratta, correzione laser di miopia, ipermetropia e astigmatismo.
Professor de Sanctis, in che modo l’intervento chirurgico di trapianto di cornea è oggi diventato più fruibile per il paziente?
«Si tratta di un intervento che negli ultimi 10-15 anni ha registrato grandi evoluzioni. Fino ad allora prevedeva sempre la sostituzione dell’intero tessuto della cornea, oggi si è trasformato in un trapianto selettivo del tessuto. Non si sostituisce più la cornea in tutto il suo spessore, ma si va a rimuovere solo la parte malata lasciando intatti i rimanenti strati. Tutto ciò si traduce in grandi vantaggi per il paziente in termini di velocità di recupero visivo, di riduzione delle complicanze intra e post operatorie e di mininvasività della procedura. Si è quindi passati da un trapianto a tutto spessore, definito perforante e ancora oggi necessario laddove la compromissione corneale è intervenuta a tutti i livelli, a un trapianto che viene definito lamellare».
Quali sono le situazioni che suggeriscono il trapianto di cornea?
«La situazione più frequente è rappresentata dal gruppo delle patologie endoteliali, che da solo costituisce l’indicazione al 60 per cento degli interventi. Queste patologie, la cui forma più comune è la cornea guttata o distrofia di Fuchs, colpiscono lo strato interno della cornea (endotelio) e si manifestano in soggetti adulti/anziani. Altre indicazioni frequenti sono gli esiti di infezioni corneali, traumi e il cheratocono, patologia che si manifesta in soggetti giovani».
Per quali ragioni è necessario sottoporsi a questo tipo di intervento?
«Le necessità dipendono essenzialmente dai disturbi visivi prodotti dalla malattia corneale. Quelli endoteliali causano una visione annebbiata ingravescente, mentre il cheratocono causa una distorsione delle immagini non più correggibile con gli occhiali. In alcuni casi il deficit visivo è accompagnato da una sintomatologia dolorosa e da una ipersensibilità alla luce che si risolvono con l’intervento».
Come si svolge l’intervento chirurgico? Quali sono i tempi di degenza e qual è il follow up abituale?
«L’intervento consiste nella sostituzione della cornea malata o di una sua parte con quella proveniente da un donatore. La maggior parte degli interventi viene eseguita in anestesia locale e dura tra i 40 e i 60 minuti, mentre l’anestesia generale viene utilizzata solo per i pazienti molto giovani o quando ci si trova al cospetto di una chirurgia complessa. Quando il trapianto di cornea si associa ad altre procedure l’intervento può anche durare 90 minuti, ma si tratta di casi non frequenti. L’intervento in regime di Day Hospital è la formula più utilizzata: il paziente arriva al mattino e può essere dimesso nel pomeriggio. I controlli post operatori sono più frequenti nei primi giorni, per diventare gradualmente trimestrali, semestrali e annuali. I controlli sono importanti per evitare di compromettere il risultato della chirurgia».
Quali sono invece i tempi di recupero per un intervento di questo tipo?
«Per gli interventi lamellari posteriori, utilizzati ad esempio per la cornea guttata o distrofia di Fuchs, il recupero è veloce e avviene in pochi giorni o settimane; in una percentuale significativa di pazienti la vista raggiunge anche i 10/10 in assenza di altre malattie dell’occhio. Per gli interventi lamellari anteriori, frequentemente utilizzati per il cheratocono o per esito di infezioni corneali, il recupero è in media più lento ma progressivo, anche per via dei punti di sutura che devono essere rimossi nei tempi giusti. Con queste tecniche mediamente i pazienti recuperano 7-8/10 con l’ausilio di occhiali o lenti a contatto».
Esiste un rischio di rigetto?
«Con le procedure di cheratoplastica lamellare il rigetto è un’eventualità piuttosto rara, con un’incidenza inferiore al 5 per cento dei casi. Nel caso si manifesti è possibile controllarlo con opportuni colliri ad attività antinfiammatoria».
Qual è la situazione italiana a livello di donazione delle cornee?
«Da questo punto di vista viviamo in un Paese virtuoso, dove le donazioni soddisfano le esigenze della nostra popolazione e non dobbiamo rivolgerci all’estero. Possiamo contare su riconosciute “Banche degli Occhi” che lavorano secondo gli standard internazionali per la selezione e la conservazione dei tessuti, uno status che di norma ci permette di soddisfare in poche settimane le esigenze del paziente».
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