Tumore al seno: stili di vita, prevenzione, diagnosi


Un approccio multidisciplinare è la chiave per la riuscita del percorso terapeutico in caso di tumore al seno, la neoplasia più frequente nelle donne che colpisce circa una donna su otto.

Gli specialisti del Centro di Senologia della Clinica Fornaca, Riccardo Bussone, chirurgo senologo e oncologo, Carlo Alberto Raucci, oncologo, le dottoresse Rosalba Galletti, nutrizionista, Giovanna Mariscotti, radiologa e Gretha Grilz, specialista in Chirurgia plastica e ricostruttiva, hanno approfondito il tema alla conferenza “Martedì Salute”.

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L’alimentazione come strumento di prevenzione

Quando si parla di benessere e prevenzione, l’alimentazione gioca un ruolo centrale, anche nel caso del tumore al seno. Nonostante non sia possibile intervenire su importanti fattori di rischio come l’età, il sesso, l’ereditarietà e la predisposizione genetica, adottare una dieta equilibrata può fare la differenza. L’Istituto Europeo di Oncologia ha infatti sviluppato a tal proposito un protocollo di linee guida per promuovere uno stile di vita sano: tra questi il mantenere un peso corporeo adeguato, svolgere attività fisica regolarmente, aumentare il consumo di cereali integrali, verdura e frutta che sono fonte di fibre, vitamine e antiossidanti, limitare il consumo di alimenti processati e ridurre il consumo di carne rossa e zuccheri aggiunti. L’attenzione alla dieta, in particolare quella mediterranea, ricca di polifenoli, fibre, acidi grassi insaturi, è fondamentale anche per mantenere sano il microbiota intestinale, che svolge un ruolo chiave nella digestione, nella regolazione del sistema immunitario e nella protezione contro i patogeni e infiammazioni.

Quali sono gli strumenti per la diagnosi precoce del tumore al seno?

Come primo approccio è importante eseguire l’autopalpazione, consigliata una volta a settimana sia in posizione eretta che sdraiata, e che può rappresentare una prima linea di difesa, permettendo di rilevare eventuali anomalie che necessitano di approfondimenti clinici.

La prevenzione secondaria mira alla diagnosi precoce del tumore e si basa sull’identificazione di lesioni precancerose, prima che si trasformino in tumori potenzialmente invasivi. Inoltre l’individuazione precoce di queste lesioni consente di ridurre i trattamenti aggressivi, migliorando la qualità di vita dei pazienti. Gli strumenti principali per la diagnosi e lo screening senologico includono la mammografia e la tomosintesi, entrambe essenziali nella rilevazione precoce delle patologie mammarie. La mammografia, se eseguita con tecnologie avanzate come la tomosintesi, permette una visione stratificata della mammella, riducendo gli effetti di sovrapposizione dei tessuti e aumentando la precisione e la specificità dell’esame.

Tuttavia, va ricordato che esistono limiti legati alla densità mammaria, poiché le mammelle con un maggior contenuto di tessuto fibroso e ghiandolare rispetto al tessuto adiposo, possono sia simulare lesioni (falsi positivi) sia nasconderle (falsi negativi). La sensibilità della mammografia varia proprio in base alla composizione della mammella, passando da un’efficacia dell’80-95% nei seni prevalentemente adiposi a circa il 50% in quelli densi.

Per migliorare la diagnosi, la mammografia può essere integrata con l’ecografia. Questa metodica è particolarmente indicata per le mammelle dense, poiché consente di distinguere cisti da lesioni solide e di esaminare il cavo ascellare, una regione fondamentale per la gestione delle patologie maligne. L’ecografia, inoltre, è molto utile nel monitoraggio delle protesi mammarie e nel guidare procedure interventistiche come le biopsie.

La risonanza magnetica (RM) e la mammografia con contrasto (CEM) rappresentano poi strumenti di secondo livello particolarmente efficaci e sono fondamentali per la stadiazione pre-trattamento, il monitoraggio della risposta alla chemioterapia e il follow-up delle pazienti operate.

La risonanza magnetica offre inoltre un vantaggio significativo nello studio del cavo ascellare, delle catene mammarie interne e per i tumori lobulari, difficili da individuare con altre metodiche. Essendo priva di radiazioni ionizzanti, risulta sicura anche per controlli ripetuti nel tempo.

La mammografia con contrasto (CEM), invece, è una valida alternativa per le pazienti che non possono sottoporsi a quest’ultima. È rapida, diffusa e adatta anche a chi soffre di claustrofobia, ma ha limiti di accuratezza nello studio del cavo ascellare e delle catene mammarie e può comportare allergie al mezzo di contrasto, oltre a prevedere l’utilizzo di radiazioni ionizzanti.

Quando viene rilevata una lesione, per definirne con precisione la natura, è necessario eseguire una biopsia, che può avvenire tramite guida ecografica se la lesione è visibile con l’ecografia o tramite guida stereotassica per quelle che non lo sono, come le microcalcificazioni, le opacità o le distorsioni strutturali. In questi casi, la biopsia mini-invasiva vacuum-assisted (VABB) rappresenta una soluzione efficace per ottenere un prelievo adeguato di tessuto. Tra le tecniche mini-invasive più diffuse vi è anche la VAE (Vacuum-Assisted Excision), che consente di rimuovere lesioni benigne di piccole dimensioni o calcificazioni residue dopo una precedente biopsia.

Le biopsie non solo permettono una diagnosi precisa, ma sono fondamentali per l’analisi dei marker prognostici della lesione, come l’assetto recettoriale, l’indice di proliferazione e l’espressione di biomarcatori specifici, informazioni che modulano il percorso terapeutico, che può prevedere interventi chirurgici o terapie mediche.

Tra i consigli da ricordare: per quanto riguarda la prevenzione, nelle donne sotto i 40 anni si raccomanda la visita clinica senologica e l’ecografia in assenza di sintomi, mentre in presenza di sintomi si aggiunge la mammografia. Nelle donne sopra i 40 anni, la mammografia è consigliata con frequenza annuale o biennale, modulata in base all’età e al profilo di rischio individuale, per garantire una diagnosi precoce e un intervento tempestivo in caso di patologie mammarie.

Le Breast Unit e la diagnosi di tumore al seno

Il percorso di diagnosi e trattamento del tumore al seno è oggi potenziato grazie alle Breast Unit, strutture specializzate in cui diverse figure professionali collaborano per offrire cure multidisciplinari e personalizzate, elevando così la qualità dell’assistenza e aumentando le possibilità di guarigione. Queste unità sono dotate di un team specializzato composto da radiologi esperti nella diagnosi mammaria, anatomopatologi, chirurghi senologi e plastici, oncologi e radioterapisti, infermieri specializzati, fisiatri, fisioterapisti, psicologi, dietologi e genetisti: questo approccio è associato a un tasso di sopravvivenza maggiore del 18% rispetto ai percorsi gestiti da singoli specialisti.

Il rischio di tumore al seno come dicevamo è influenzato da fattori controllabili, come lo stile di vita, e da fattori non modificabili, quali il genere femminile, l’età, la predisposizione genetica come le mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 che aumentano significativamente il rischio, ovvero, la mutazione BRCA1 tra il 55% e il 65%, mentre quella BRCA2 lo aumenta del 45%.

Avere una mutazione BRCA non implica automaticamente lo sviluppo della malattia, ma consente di intraprendere percorsi di prevenzione come controlli più frequenti, risonanze magnetiche e, in alcuni casi, interventi chirurgici profilattici per rimuovere i tessuti a rischio.

La chirurgia per il tumore al seno ha compiuto enormi passi avanti, adottando l’approccio della “de-escalation” che punta a minimizzare l’invasività degli interventi, adattando le terapie al caso specifico. Attualmente, circa il 75% delle pazienti viene sottoposto a interventi conservativi, mentre solo il 25% necessita della mastectomia, che oggi è eseguita con tecniche che consentono una ricostruzione di qualità.

È fondamentale, infine, sottolineare che il tumore al seno è una patologia curabile, e le Breast Unit sono un presidio fondamentale per offrire alle pazienti un supporto completo e un trattamento all’avanguardia. La diagnosi precoce, i controlli regolari e la fiducia nelle strutture specializzate sono alleati preziosi per affrontare la malattia con serenità, sapendo che le opzioni di cura sono molteplici e che esistono tutte le possibilità di guarigione.

Quali sono i trattamenti per il tumore alla mammella?

Nei casi in cui si dovesse ricorrere alla chirurgia per il tumore al seno, i trattamenti adiuvanti svolgono un ruolo cruciale nell’eliminare eventuali micrometastasi e migliorare la prognosi a lungo termine.

Se in passato la chemioterapia era principalmente indicata per i casi con linfonodi positivi, oggi la selezione dei pazienti è più sofisticata, basata su una valutazione dettagliata della biologia del tumore. Accanto alla chemioterapia tradizionale e all’endocrinoterapia, sono ora disponibili terapie biologiche mirate, particolarmente efficaci nel ridurre il rischio di recidiva in pazienti a rischio elevato. Oltre a queste terapie, l’impiego di test genomici si è dimostrato fondamentale per identificare i pazienti a più alto rischio di recidiva, aiutando a risparmiare trattamenti adiuvanti non necessari per pazienti a basso rischio.

Parallelamente, la chemioterapia neoadiuvante somministrata prima della chirurgia, offre un importante vantaggio per alcuni pazienti, poiché riduce la massa tumorale, rendendo possibile un intervento meno invasivo e aumentando le probabilità di poter eseguire una chirurgia conservativa. In questo contesto, l’approccio multidisciplinare è fondamentale per pianificare il percorso terapeutico migliore, tenendo conto delle caratteristiche biologiche del tumore, della sua estensione e delle condizioni cliniche dei soggetti.

L’uso dell’intelligenza artificiale in senologia

Uno degli sviluppi più promettenti nella senologia è l’applicazione dell’intelligenza artificiale (IA), che sta mostrando primi risultati incoraggianti in termini di diagnosi precoce e valutazione del rischio. Recentemente, lo studio svedese MASAI, pubblicato sulla rivista Lancet Oncology, ha coinvolto 880.000 donne sottoposte a mammografia, evidenziando come l’IA sia riuscita a identificare il 20% di tumori in più rispetto alla lettura tradizionale dei radiologi. Tuttavia, tra gli svantaggi è emerso un incremento nel rischio di sovradiagnosi, dato che l’IA tende a individuare anche lesioni non maligne che potrebbero non necessitare di trattamento.

Un altro studio rilevante, ASYMMIRAI, pubblicato su Radiology, ha esplorato l’uso dell’IA per predire il rischio di cancro al seno basandosi sull’analisi dell’asimmetria del tessuto mammario. Questo approccio potrebbe aprire nuove prospettive per la prevenzione, consentendo di identificare le donne a rischio e intervenire precocemente, modulando i controlli in base alla probabilità di sviluppare tumori.