“La chirurgia della colonna tra passato e futuro” è il tema trattato durante l’incontro di Martedì Salute con il professor Diego Garbossa, neurochirurgo della Clinica Fornaca, Professore Ordinario di Neurochirurgia presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino, Direttore della Neurochirurgia Universitaria della AOU Città della Salute e della Scienza di Torino presidio Molinette e CTO e Direttore del Master Master di II livello in Tecniche Chirurgiche Avanzate in Microneurochirurgia presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino, il dottor Francesco Zenga, neurochirurgo della Clinica Fornaca e Direttore Responsabile della Chirurgia del Basicranio e Ipofisaria della Città della Salute e della Scienza di Torino, il dottor Marco Aiello e il dottor Nicola Marengo, specialisti in Neurochirurgia della Clinica Fornaca.
Perché è così comune soffrire di mal di schiena?
Il mal di schiena, chiamato anche lombalgia, è il risultato dell’evoluzione: l’essere umano ha impiegato migliaia di anni per passare dalla quadrupedia a camminare in posizione eretta e solo poche decine di anni per ritrovarsi seduto con le mani sulla tastiera o con la testa piegata sugli smartphone. Questo ha implicato una serie di problemi a tutta la colonna, anche alla parte cervicale, che hanno portato a fare i conti con il mal di schiena, una patologia comune che interessa tutti, specie con l’avanzare dell’età.
Il mal di schiena può essere invalidante, in questi casi è necessario riportare il paziente a una buona qualità di vita. È bene ricordare però che solo una piccola percentuale di chi ne soffre ha una patologia che richiede l’intervento chirurgico.
Tecniche mininvasive: quali sono i benefici per il paziente?
Esistono diversi tipi di chirurgia per decomprimere le radici nervose e il canale vertebrale (discectomia, laminectomia) o per eseguire un’artrodesi, cioè una fusione tra uno o più segmenti vertebrali.
Le tecniche tradizionali, in passato, richiedevano una lunga incisione sulla cute lungo la porzione di colonna da operare, lo scollamento dei muscoli vertebrali dall’osso – in caso di artrodesi – o la rimozione della porzione di osso che comprime il canale vertebrale, nel caso della laminectomia. Oggi seguono il più possibile il principio di mininvasività, ovvero eseguire tagli (uno lungo o diversi tagli piccoli) con l’obiettivo di risparmiare i muscoli vertebrali ed evitare il loro scollamento.
Per effettuare un intervento di artrodesi esistono diverse tecniche, molto simili tra loro, che variano in base all’accesso da cui viene praticata. Il risparmio muscolare è un vantaggio per il paziente poiché favorisce un più rapido recupero postoperatorio, ma la scelta della tecnica chirurgica dipende da molti fattori che vengono valutati dal chirurgo caso per caso.
Interventi personalizzati: come avvengono?
Oggi, grazie alla tecnologia è possibile effettuare interventi costruiti sul singolo paziente. Il principio della chirurgia vertebrale customizzata tiene conto del fatto che le persone, oltre ad avere caratteristiche evidenti differenti (età, altezza, peso, lunghezza degli arti, ecc.), spesso hanno anche diversità anatomiche.
Due particolari tecnologie permettono al chirurgo di effettuare una chirurgia personalizzata: le guide fisiche e la navigazione.
Le guide fisiche – paragonabili alle tessere di un puzzle che si incastrano perfettamente per completare una determinata immagine – vengono realizzate a partire dalle immagini TC a basso dosaggio della colonna del paziente. Le immagini vengono poi caricate su una piattaforma che utilizza un avanzato software per la ricostruzione 3D digitale della vertebra, a cui segue un planning operatorio definito dal chirurgo per stabilire, prima dell’intervento in sala operatoria, dove impiantare le viti necessari a stabilizzare le vertebre. In questo modo è possibile studiare come evitare danni alle strutture nervose e ai vasi arteriosi, come posizionare accuratamente le viti e di quale tipo. Una volta che il planning è stato validato dai chirurghi, degli ingegneri progettano le guide fisiche, le stampano in 3D in materiali utilizzabili in sala operatoria. Durante l’intervento, la guida viene posizionata sul campo operatorio e utilizzata per eseguire l’operazione.
La tecnologia di navigazione permette al chirurgo di vedere grazie ad un monitor, durante tutto l’intervento, dove gli strumenti chirurgici e le viti vengono posizionati all’interno delle vertebre. A questa tecnologia si aggiunge la realtà aumentata che prevede l’utilizzo di un visore all’interno del quale lo specialista vede non solo il campo chirurgico, ma anche la navigazione, ovvero la mappa dello strumento che sta utilizzando in relazione alla vertebra che sta trattando.
Quali sono i vantaggi della tecnologia robotica?
La tecnologia è un alleato prezioso del chirurgo. Al momento, la più avanzata che in sala operatoria permette di posizionare in modo ancor più preciso e accurato le viti, è quella robotica.
I primi robot chirurgici risalgono agli anni ‘80-’90, usati prima per la neurochirurgia sul cranio e poi per quella spinale. Da allora la chirurgia robotica si sta velocemente evolvendo per trovare nuove strade, sempre più precise, per posizionare non solo le viti, ma anche le gabbie. Il robot è indicato negli interventi che richiedono l’utilizzo di mezzi di sintesi e in tutti i casi in cui la chirurgia tradizionale non è adatta a causa della conformazione fisica del paziente, ma soprattutto per patologie specifiche, quali ad esempio l’artrosi degenerativa che crea spondilolistesi, discopatia, instabilità vertebrale, fratture vertebrali, fino alla scoliosi e all’oncologia vertebrale.
Diversamente dalla chirurgia customizzata, che richiede giorni per la preparazione delle guide, ad esempio, con quella robotica tutte le informazioni vengono raccolte in 3D e aggiornate direttamente in sala operatoria. Un braccio robotico guida il chirurgo nell’eseguire i passaggi che lui stesso ha pianificato nella fase preoperatoria, per posizionare ogni vite dove serve, con la massima precisione e in tempi rapidi.
La riduzione dei tempi intraoperatoridipende dall’esperienza del chirurgo all’utilizzo del robot – ma tempi ridotti di intervento significano anche minori perdite di sangue e un più rapido recupero dopo l’intervento – facilitato anche dalla mininvasività della chirurgia robotica. Infine, accuratezza e appropriatezza dell’intervento sono aspetti fondamentali nella chirurgia robotica: l’appropriatezza dell’intervento dipende dalle competenze del chirurgo nel definire il planning preoperatorio in cui stabilisce se, come, dove e quante viti usare; l’accuratezza è nelle capacità del robot di guidare con precisione estrema il posizionamento delle viti. È bene ricordare dunque che non è il robot a guidare l’intervento, ma sempre il chirurgo.