Sindrome dell’intestino irritabile

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Che cos’è la SII?

La sindrome dell’intestino irritabile (anche chiamata SII) colpisce circa il 3-5% delle persone in Occidente. Si tratta di una condizione di natura cronica dell’asse cervello-intestino, con periodi di riacutizzazione, che colpisce principalmente le donne e le persone aventi meno di 50 anni. Dolore addominale e alterazioni della funzione intestinale sono i sintomi principali, che sono aggravati da eventi particolarmente stressanti a livello fisico (ad esempio, un’operazione chirurgica) e psicologico (ad esempio, un lutto)

Il dolore addominale si allevia dopo aver evacuato ed è associato a alterazioni della funzione intestinale. In passato, la condizione era chiamata “colite spastica”, e può essere accompagnata da stipsi o diarrea (o entrambe), ma in ogni caso presenta una varietà di sintomi che influenzano la qualità della vita del paziente che ne soffre. 

Si sottolinea che il disturbo è benigno, ergo non è correlato a tumore di colon-retto.

La SII può essere distinta in quattro sottotipi a seconda delle sue manifestazioni:

  • variante stipsi (in un ¼ dei casi, presenza di feci dure o caprine);
  • variante diarrea (in un ¼ dei casi, presenza di feci molli o liquide);
  • variante mista (con manifestazioni di entrambi i sottotipi sopra).

Se la SII sperimentata dal paziente non rientra nelle categorie sopra descritte, allora si parla di SII non classificabile.

Dispepsia e sensibilità al glutine sono due condizioni gastrointestinali spesso associate alla SII.

Cause e sintomi

Alla base della sindrome dell’intestino irritabile ci possono essere varie cause; inoltre, la presenza di alterazioni o lesioni all’intestino non è da ritenersi scontata. Il nostro secondo cervello, l’intestino, comunica infatti costantemente con il nostro cervello “principale”, quindi i due organi si influenzano l’un l’altro. 

Quando la SII si presenta, possono concorrervi fattori biologici (infiammazioni, maggiore sensibilità viscerale, per esempio) ed altri cognitivi, emotivi, psicosociali. 

A livello di sintomi, come già accennato, la manifestazione principale della malattia è un dolore addominale ricorrente, ossia un dolore che si è presentato almeno una volta alla settimana nel corso degli ultimi tre mesi. Questo dolore deve altresì essere presente da almeno sei mesi prima della diagnosi, e si deve affiancare ad alterazioni nelle evacuazioni (in rapporto a frequenza, forma o aspetto).

I sintomi intestinali più comuni comprendono quanto segue: difficoltà nell’evacuare, sensazione di non aver completato l’evacuazione, muco nelle feci, tensione e gonfiore a livello addominale. 

Altri sintomi che possono presentarsi includono (ma non si limitano a) stanchezza, difficoltà a concentrarsi, dolori alla schiena, dolori alle pelvi, ansia e depressione, dolore all’articolazione temporo-mandibolare, problemi nella sfera sessuale, irritabilità, emicrania, cistite, insonnia, e fibromialgia. 

Iter diagnostico

Il paziente deve consultare un gastroenterologo, che provvederà a raccogliere la sua anamnesi (in rapporto alla storia clinica e al suo stile di vita) e a procedere con un esame obiettivo. Se necessario, e in particolare in presenza di sintomi che potrebbero indiziare condizioni più gravi, il medico prescriverà degli accertamenti. 

Lo stesso vale anche nel caso in cui ci sia un dubbio diagnostico in rapporto ad altre malattie con sintomi analoghi. In questo caso, gli esami principalmente prescritti includono:

  • esami del sangue e delle feci, per verificare l’assenza di segni di celiachia e malattie infiammatorie dell’intestino;
  • TAC dell’addome per visualizzare gli organi;
  • colonoscopia, per analizzare il colon. Se necessario, lo specialista può anche rimuovere eventuali polipi ed effettuare delle biopsie.

Come trattare la SII?

La personalizzazione della terapia si basa sui sintomi sperimentati dal paziente; ciò vuol dire che il percorso di trattamento sarà mirato e diverso per ognuno

La prima cosa su cui solitamente si interviene è la dieta. Per esempio, il nutrizionista potrebbe suggerire una dieta che riduca i FODMAP (i cibi difficili da digerire che sono ricchi di zuccheri). Fondamentale sarà seguire le sue indicazioni per evitare di incorrere in carenze nutrizionali. Nel processo di adozione della dieta, la prima tappa prevede la sostituzione dei cibi con alti livelli di FODMAP. Seguirò quindi un riesame dell’evoluzione (in senso positivo o negativo) dei sintomi, in base al quale si provvederà all’adattamento del regime, eliminando i cibi che li esacerbano.

Al di là dell’alimentazione, si consiglia poi di:

  • svolgere attività fisica;
  • mantenersi idratati;
  • utilizzare probiotici come fermenti lattici;
  • assumere, se prescritti dal medico, antibiotici non assorbibili come la rifaximina (per ridurre la fermentazione intestinale e/o la contaminazione batterica) e farmaci antidiarroici come la loperamide;
  • assumere fibre solubili (come lo psyllium), lassativi osmotici (ad esempio PEG) o secretagoghi (ad esempio linaclotide) per promuovere l’evacuazione;
  • assumere farmaci antispastici per alleviare i dolori addominali (facendo attenzione che non peggiorino la stipsi).

Importante, per la gestione dello stress e, se sperimentata, dell’ansia e della depressione, è anche iniziare un percorso psicoterapeutico.

Come convivere con la SII?

Una volta diagnosticata la condizione, la prima cosa da fare è accettare la diagnosi e imparare a convivere con essa, facendo il massimo per seguire le indicazioni del medico in rapporto alla gestione dei sintomi. Inoltre, fondamentale è identificare i fattori che scatenano l’acutizzazione dei sintomi, ed evitarli di conseguenza.