Il professor Vittorio Gallo ne spiega sintomi e forme di prevenzione: «Dalla steatosi alla cirrosi è un percorso rischioso che medico e paziente possono limitare con esami e comportamenti adeguati».
Alcol e malattie del fegato sono fortemente legati: come mai? «Perché il fegato è l’organo centrale nella metabolizzazione dell’alcol, un processo che coinvolge anche altri organi e tessuti ma che riserva proprio al fegato la parte più rilevante. Ed è per questo motivo che l’abuso di alcol può essere la causa di importanti malattie epatiche». Lo sottolinea il professor Vittorio Gallo, medico della Clinica Fornaca, specialista internista a indirizzo metabolico, epatologico e gastroenterologico, già responsabile del servizio di Epatologia dell’Università di Torino.
Professor Gallo, quali sono le principali malattie del fegato favorite dall’abuso di bevande alcoliche?
«La più comune è senza dubbio la steatosi epatica, nota anche come “fegato grasso”. Si registra quando le cellule del fegato si farciscono di trigliceridi dando vita a una malattia vera e propria. È altamente probabile che la maggior parte delle cirrosi criptogenetiche, cioè quelle che non hanno una chiara provenienza da virus o da altre malattie metaboliche, vedano nella steatosi la loro causa iniziale».
Quindi è corretto dire che la steatosi può rappresentare il primo passo di una pericolosa escalation?
«Se accompagnata da un aumento delle transaminasi, la steatosi semplice evolve in steatoepatite: uno stato infiammatorio del tessuto epatico legato alle cellule zeppe di trigliceridi. E se la steatoepatite non viene arrestata, si trasforma in una fibrosi che rappresenta l’inizio della cirrosi: accade perché l’infiammazione in atto nel fegato va a formare un tessuto fibroso costituito da cicatrici e nodi. E da qui alla cirrosi conclamata il passo è davvero breve. Una malattia irreversibile che, a prescindere dalla sua causa, può unicamente essere curata parandone gli effetti in attesa del trapianto di fegato».
È giusto associare la cirrosi epatica all’epatocarcinoma, cioè il tumore del fegato?
«Premesso che l’alcol può di per sé essere l’elemento facilitatore di una neoplasia al fegato, è innegabile che la cirrosi rappresenti una situazione predisponente al tumore. In Italia la cirrosi epatica rappresenta la causa di morte da malattia epatica più diffusa, un primato condiviso con i virus delle epatiti B e C, ambedue però destinati a scomparire grazie rispettivamente ai vaccini somministrati in età infantile e alle nuove terapie farmacologiche che registrano altissime percentuali di guarigione».
Quanto tempo impiega la cirrosi a manifestare la sua presenza?
«Ad accelerare il processo verso la cirrosi epatica possono contribuire le situazioni di epatite alcolica acuta, momenti di assunzione di alcol compulsivi, acuti ed eccessivi che possono riguardare ciascuna malattia epatica. Le epatiti alcoliche acute sono molto frequenti negli Stati Uniti, dove il ricorso a superalcolici è molto più diffuso che da noi. A casa nostra il percorso per la cirrosi è molto più lineare e, in media, arriva dopo un periodo di assunzione di alcol che per 20-25 anni vede il paziente bere ogni giorno dai 500 ai 750 cc di vino».
Quali sono i sintomi delle malattie del fegato?
«Inizialmente non si avverte nulla. La steatosi è quasi tutta asintomatica ed è solo quando la fibrosi raggiunge dimensioni molto cospicue che comincia ad avvertirsi il classico dolore sotto l’arco costale di destra. Un segnale da non trascurare, soprattutto perché può rappresentare l’anticamera della cirrosi. I segni della cirrosi epatica sono dal canto loro inequivocabili e possono comparire anche in 15-20 giorni: ascite, gambe gonfie, anemia, stanchezza, emorragie cutanee, ittero. Tutti sintomi chiarissimi della malattia epatica cronica».
Come si possono prevenire le malattie epatiche?
«La prevenzione si compie attraverso controlli clinici, ematologici e per immagini. L’ecografia è un esame comodissimo che senza essere radioattivo né invasivo ci fornisce un’immagine molto reale del fegato e della sua eventuale steatosi. Allo stesso modo, gli esami del sangue ci permettono di valutare gli enzimi del fegato e di comprenderne lo stato. E poi la visita clinica: se sento il fegato ingrossato, morbido e rotondo che deborda dall’arco costale sono in grado di intuire un quadro di possibile malattia».
In questo contesto, che ruolo può svolgere il medico di famiglia?
«Un ruolo molto importante. È lui che deve fornire al paziente indicazioni e limitazioni molto precise sul modo di vivere e di comportarsi con alcol e cibo, sui controlli da fare e sull’attenzione da porre ad aspetti fondamentali quali il peso e la pressione arteriosa. Ogni grammo di alcol equivale a sette calorie e basta perciò un attimo a far aumentare quei trigliceridi che, oltre a favorire la steatosi, rappresentano anche un serio rischio cardiovascolare».
Infine, come si protegge il fegato che si sta ammalando?
«Dando lo stop all’assunzione di alcol e più spazio a un’alimentazione sana con molte vitamine, una buona quantità di proteine e moltissima acqua per facilitare il deflusso della bile. Eseguire i giusti esami al momento della comparsa dei primi sintomi smettendo immediatamente di bere alcol rappresenta la più importante forma di prevenzione».