
Approfondiamo l’argomento con il professor Carlo Campagnoli, specialista in Endocrinologia ginecologica presso la Clinica Fornaca di Sessant a Torino.
Seppure con una piccola variabilità individuale, il ciclo mestruale deve rispettare una certa “tabella di marcia”: calcolando l’intervallo fra il primo giorno di un ciclo e il primo giorno di quello successivo, la durata è considerata normale fra 28 e 35 giorni. Da 36 a 90 giorni di intervallo si parla di oligomenorrea, oltre i 90 giorni si considera amenorrea. Fra le varie cause, l’amenorrea può essere legata a diete troppo restrittive, perché la carenza nutrizionale sospende l’attività delle ovaie.
Immaginiamo un cellulare con la batteria in esaurimento. Se attiviamo la modalità di risparmio energetico per prolungare la durata della carica, il telefono inizia a diminuire le sue prestazioni generali: disattiva alcune applicazioni, imposta uno sfondo scuro, abbassa la luminosità dello schermo, riduce la velocità del sistema operativo. Lo stesso accade all’organismo se non riceve ciò che gli occorre. Tutto rallenta e possono comparire sintomi fisici o mentali, come sbalzi d’umore, irritabilità, stanchezza, confusione, cefalee e, appunto, irregolarità mestruali.
Fra le più diffuse amenorree da carenza nutrizionale ci sono quelle legate al relativo eccesso di attività fisica. Sempre più donne, soprattutto adolescenti, inseguono un’eccessiva snellezza, considerata espressione di buona salute, bellezza, efficienza e accettazione sociale. Per riuscirci ricorrono spesso allo sport senza un’alimentazione adeguata, in grado di contrastare appieno il dispendio energetico. I principali rischi sono tre: una scarsa disponibilità di energia (con o senza disturbi del comportamento alimentare), oligomenorrea o amenorrea e, spesso, ridotta densità minerale ossea (con conseguente osteoporosi).
Come fa la carenza nutrizionale a bloccare la funzione ovarica?
Il ciclo mestruale è un complesso meccanismo di ormoni secreti dalle ovaie, a loro volta stimolate dall’ipotalamo e dall’ipofisi, due strutture anatomiche strettamente collegate fra loro. L’attività dell’ipotalamo è fortemente condizionata dallo stato metabolico-nutrizionale e, più in generale, dalla situazione in cui si trova l’organismo.
Tra i molteplici fattori di questo condizionamento, i più importanti sono: i livelli di leptina, correlati all’entità del tessuto adiposo; i livelli di insulina, influenzati dalla quantità e dalla regolarità dell’afflusso di nutrienti (carboidrati e proteine), ma anche dall’attività fisica che tende a ridurli; i livelli del fattore di crescita IGF-1, un ormone dalla struttura molecolare simile a quella dell’insulina. Il ruolo dell’ipotalamo è quello di garantire la funzione riproduttiva in condizioni di sicurezza, sia per la madre e il concepito sia per la specie. Quando il corpo avverte una situazione di carestia, espressa da carenza di nutrienti, perdita di adipe e aumento dell’impegno fisico (interpretato come finalizzato alla ricerca del cibo), l’ipotalamo rallenta l’invio di GnRH all’ipofisi, sino a quasi sospenderlo. A cascata, ne conseguono la riduzione delle gonadotropine ipofisariche e l’irregolarità della funzione ovarica, fino alla sua transitoria sospensione, con scomparsa delle mestruazioni: l’amenorrea ipotalamica.
L’amenorrea riguarda soprattutto le adolescenti
Quella ipotalamica rappresenta oltre il 50% delle amenorree manifestate dalle adolescenti e interessa almeno 1 ragazza su 10. Consegue alla sospensione della funzione dell’asse ipotalamo-ipofiso-ovarico a seguito di un incrocio di stress e sotto-nutrizione. Quest’ultima è un problema molto diffuso: il 25% delle ragazze tra gli 11 e i 15 anni segue comportamenti volti alla riduzione del peso, compresa una restrizione alimentare.
Sul piano clinico, si distinguono tre forme: l’amenorrea “psicogena”, sempre comunque accompagnata da sottopeso e tendenza alla restrizione alimentare; l’amenorrea da eccesso di attività fisica non compensato da un adeguato apporto energetico; l’amenorrea da anoressia, una situazione di estrema carenza nutrizionale e tensione nervosa per la quale le due forme precedenti costituiscono un fattore favorente. Il principale tra i rischi è appunto quello di scivolare verso l’anoressia, una patologia dove le conseguenze negative per la salute sono espresse al massimo. Tra queste, le più rilevanti sono i problemi ossei dovuti al fatto che il deficit energetico, oltre a bloccare la funzione ovarica con conseguente carenza di estrogeni, inibisce la produzione di IGF-1 (il più importante stimolo alla formazione ossea), di norma particolarmente elevata negli anni dell’adolescenza.
Quali sono le conseguenze dell’amenorrea?
Può derivare non solo osteopenia permanente, dove le ossa sono più deboli del normale a causa di una bassa densità minerale, ma anche osteoporosi con un aumento di fratture già in epoca giovanile. Ciò si verifica in tutte le amenorree da deficit nutrizionale ed energetico, comprese quelle legate al relativo eccesso di attività fisica (come nel caso della “triade delle atlete”: carenza nutrizionale, amenorrea, osteoporosi), e soprattutto nelle forme di anoressia. Già nei primi 18 mesi di anoressia nelle adolescenti, il rischio di frattura aumenta del 60%, vi è una potenziale penalizzazione per la crescita staturale, in media -2 cm nei casi con esordio prima dei 14 anni, e comunque si perdono gli anni più favorevoli per il rafforzamento delle ossa. Infine, un’altra conseguenza sono le alterazioni cardiocircolatorie, con rallentamento del battito cardiaco, abbassamento della pressione sanguigna e disfunzione endoteliale.
Il percorso di cura per l’amenorrea
Il trattamento delle amenorree da bilancio energetico negativo non ha l’obiettivo di provocare le mestruazioni, bensì quello di contrastare la perdita di tessuto osseo e le alterazioni dell’endotelio vasale (il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni), riducendo nel contempo il rischio di anoressia. Il provvedimento di gran lunga più importante è il sollecito recupero del peso con un adeguato apporto nutrizionale.
Premessa essenziale è l’inquadramento diagnostico con un percorso personalizzato, come quello offerto presso la Clinica Fornaca a Torino.
L’impostazione diagnostica parte dalla valutazione clinica: storia mestruale e delle variazioni del peso corporeo, pressione arteriosa e polso, sintomi di anoressia e indice di massa corporea – BMI (un valore numerico basato sul peso e sull’altezza che indica sottopeso se inferiore a 18,5, normopeso tra 18,5 e 25, sovrappeso se superiore a 25).
La valutazione dell’amenorrea si avvale poi di esami ormonali, volti alla diagnostica differenziale nei confronti di altre forme di amenorrea: ormoni secreti dall’ipofisi e dall’ovaio, ma anche insulina, IGF-1, TSH, fT4, fT3 e SHBG, gli ultimi due sensibili indicatori di carenza nutrizionale. Importanti anche gli esami generali: glicemia, creatinina, elettroliti, etc..
Le istituzioni internazionali raccomandano anche l’esecuzione della densitometria ossea a livello delle vertebre lombari, quando l’oligo-amenorrea perdura da oltre sei mesi e in presenza di una o più delle seguenti situazioni: carenza nutrizionale che dura da 6 mesi, BMI inferiore a 18,49, perdita di peso superiore al 10% o pregressa frattura da stress. La densitometria è un esame rapido e non invasivo che analizza la massa ossea e la quantità di minerali presenti. Anche se espone a una bassissima esposizione radiante, è opportuno escludere l’eventualità di una gravidanza: infatti nelle amenorree ipotalamiche, per un miglioramento dello stato nutrizionale e/o psicologico, l’ovulazione può riprendere con pochi segni di preavviso. La valutazione densitometrica è opportuna anche nelle ragazze che usano contraccettivi ormonali quando vi sia una pregressa oligo-amenorrea da sottopeso o sia sopravvenuto un netto calo di peso.
Infatti, i contraccettivi ormonali (“pillole”, ma anche cerotto e anello vaginale) a base dell’estrogeno sintetico etinil-estradiolo hanno azioni che possono ridurre l’IGF-1, contrastando e talvolta ribaltando le azioni favorevoli sul tessuto osseo. Questo è di particolare rilievo nelle adolescenti, nelle quali gli alti livelli del “fattore di crescita” sono indispensabili per una buona strutturazione dell’osso. In linea generale le conseguenze non appaiono problematiche; tuttavia, soprattutto nei casi di oligo-amenorrea da sottopeso, occorre cautela per l’impiego non-contraccettivo, sconsigliato da tutti i documenti internazionali. Tra l’altro, il flusso indotto artificialmente toglie motivazione a interventi più appropriati e fa venire meno indicazioni utili sull’evoluzione del problema.
Una volta ottenuti i risultati degli esami, il medico può evidenziare alla ragazza l’opportunità di provvedimenti a difesa del proprio organismo, aiutandola a superare la sua resistenza nell’adottarli. In associazione ai provvedimenti non farmacologici volti a contrastare il deficit energetico, la terapia estrogenica (con l’aggiunta di un progestogeno) dovrebbe essere considerata quando la densitometria evidenzi bassa densità ossea o vi siano esigenze di ordine psicologico. In tal caso è suggerito l’estradiolo transdermico, quello impiegato per i disturbi della menopausa, non contraccettivo. Se la ragazza necessita di contraccezione, invece, occorre privilegiare gli estro-progestinici più recenti, contenenti estradiolo o estetrolo.
Nel trattamento dei problemi ossei, nessuno spazio hanno i farmaci bisfosfonati, che si integrano nella matrice ossea per essere rilasciati lentamente nell’arco degli anni successivi. Sono controindicati nelle donne giovani, per via del potenziale rischio teratogeno, cioè in grado di indurre alterazioni del normale sviluppo dell’embrione durante un’eventuale gravidanza, provocando aborto oppure malformazioni congenite. Soltanto in casi molto particolari, potrebbero essere presi in considerazione altri farmaci specifici per le ossa, ma sempre con un’adeguata copertura contraccettiva e da parte di centri ultra-specialistici. Tra gli integratori un particolare rilievo va dato alla supplementazione di vitamina D.
In ogni caso, come anticipato, il trattamento di base consiste nell’ovviare al deficit energetico con adeguati provvedimenti di ordine nutrizionale ed eventualmente con una riduzione transitoria dell’impegno fisico. Provvedimenti che devono essere adottati anche quando si impiegano terapie con estrogeni o contraccettivi ormonali.
L’importanza del sollecito recupero del peso e/o di un adeguato apporto nutrizionale riguarda in particolare le adolescenti, perché se la carenza nutrizionale si protrae a lungo si può avere una penalizzazione, a volte per la crescita staturale, e comunque per la buona strutturazione dell’osso. Al contrario, un recupero sollecito, con normalizzazione negli anni in cui si possono ancora riottenere buoni livelli di IGF-1, consente una soddisfacente strutturazione ossea.
Sul recupero del peso: spesso, anche per ragazze rese ben consapevoli, soddisfare le esigenze del proprio organismo è causa di disagio, meglio tollerato con appoggio psicologico. Infatti lo Psicologo — oltre a contribuire ad individuare le situazioni più a rischio di anoressia — aiuta la ragazza a “elaborare il lutto” di dover ridimensionare un poco la propria snellezza. Al riguardo, di sostegno può essere la terapia con estradiolo transdermico, che, oltre ad agire favorevolmente sulle ossa, attenua l’ansia e riduce la spinta alla snellezza e l’insoddisfazione verso il proprio corpo che rendono più problematico il recupero del peso.