Si occupa della diagnosi e della cura delle patologie e dei disturbi di natura ortopedica dei bambini e ragazzi fino ai 18 anni: «Se trattati in età infantile, possono conseguire ottimi risultati ricorrendo a interventi molto piccoli», afferma il dottor Alessandro Aprato, ortopedico della Fornaca.
Displasia dell’anca, piede piatto e ginocchia vare o valghe risultano tra i problemi più frequenti.
L’Ortopedia pediatrica è la branca dell’ortopedia che si occupa della diagnosi e della cura delle patologie e dei disturbi di interesse ortopedico che riguardano i bambini e i ragazzi fino ai 18 anni. Alla Clinica Fornaca se ne fanno carico, in particolare, la dottoressa Maria Chiara Rossi, allieva del professor Giacomo Pisani (fondatore e responsabile del Centro di chirurgia del piede della Clinica Fornaca dal 1991 al 2006) e il dottor Alessandro Aprato, specialista della Prima Clinica Ortopedica del CTO di Torino diretta dal professor Alessandro Massè, nonché responsabile dell’Ortopedia pediatrica dell’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino.
L’ortopedico pediatrico si occupa di diagnosticare e trattare i problemi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico nell’organismo ancora in fase di sviluppo. Si avvale della consulenza di colleghi specializzati in altri settori della medicina, dal chirurgo ortopedico al fisiatra, passando per terapisti della riabilitazione, anestesisti e terapisti del dolore con competenze in ambito pediatrico. Si fa carico sia di malattie congenite sia di problemi acquisiti e, inoltre, si interessa della traumatologia dell’apparato muscolo-scheletrico.
«Ci occupiamo – spiega il dottor Aprato – di patologie che, se trattate in età infantile, possono conseguire ottimi risultati grazie a interventi molto piccoli e che al contrario, se tralasciate, possono richiedere in età adulta grosse correzioni con limitate possibilità di successo». Tra gli esempi più efficaci c’è quello della displasia dell’anca: «Va affrontata per tempo per evitare che negli anni si perda la capacità plastica dei bambini, utile alla corretta formazione dell’acetabolo – prosegue -. Si può fare fino a 14 anni, quando quella plasticità ci permette di correggere, rendendole microscopiche o inesistenti, deformità che potrebbero diventare macroscopiche e rendere necessario il ricorso alla chirurgia protesica».
L’ecografia dell’anca di screening dovrebbe essere effettuata entro i tre mesi di vita del bambino. In genere, questo esame diventa l’occasione per una visita ortopedica completa che permette di diagnosticare precocemente altre eventuali patologie o disturbi a carico dell’apparato muscoloscheletrico. «L’Italia ha un alto tasso di displasia dell’anca – continua il dottor Aprato -. Lo screening non è obbligatorio, ma consigliato: è un esame non invasivo, semplice da eseguire e ripetibile che offre molti vantaggi e ci permette di capire se l’anca è o no al suo posto». Lo screening ha già ottenuto un risultato molto importante: «Nella popolazione italiana le gravi lussazioni dell’anca non si vedono più grazie alla diagnosi e al trattamento tempestivo – conferma il dottor Aprato -, mentre la si riscontra ancora nei bambini nati in altri Paesi che non si sono sottoposti all’esame. È un problema piuttosto diffuso in chi proviene dall’Europa dell’Est o dai Paesi orientali ed è del tutto inesistente nei bambini africani, non per una questione genetica ma per via delle abitudini culturali che portano, generalmente, a fasciare le gambe dei neonati nel primo e caso e a tenerle aperte con la perfetta posizione della testa del femore nel secondo».
Per quanto riguarda i piedi, il problema più frequente è quello del piede piatto: «In ambito atletico, il piede cosiddetto cavo è quello degli scattisti – argomenta il dottor Aprato -: ha un arco plantare molto accentuato che dà maggiore rimbalzo e che di norma può generare tendiniti e poco altro, a meno che non sia un piede cavo di tipo neurologico». Il piede piatto è quello dei maratoneti: «Può comportare alluce valgo o tendiniti, fastidi che possono essere corretti con tecniche mininvasive – specifica il dottor Aprato – Si inserisce una piccola vite che piano pano riporta l’astragalo nella posizione corretta». Una tecnica che viene usata anche per il piede piatto del bambino: «Ogni volta che muove un passo, il bambino coregge il suo movimento: la vite gli impedisce di fare ciò che non deve. È la tecnica del “calcagno stop”, realizzata tramite una piccola incisione nel seno del tarso e insegnata al mondo proprio dal professor Giacomo Pisani», rimarca il dottor Aprato.
E le ginocchia? L’intervento più frequente riguarda la correzione delle sue assi: vare o valghe, si riscontrano quando femore e tibia non sono perfettamente allineati. «Una volta, per correggere il difetto si procedeva la rottura osso, la cosiddetta osteotomia – conclude il dottor Alessandro Aprato -. Oggi invece s’inserisce una placchetta metallica che ha il compito di rallentare la crescita dal lato “incriminato”. È una sfida complicatissima perché occorre capire quanta crescita manca e sulla base di questo dato decidere dove mettere la placca e quando toglierla. In genere, si fa “da grandi”, quando il bambino ha 10-14 anni, ma nei casi gravi si può anche fare qualche anno prima».