Lo sport è, in linea di massima, estremamente favorevoli per il benessere e la salute. Tuttavia, in condizioni di carenza nutrizionale (assoluta o relativa), con deficit energetico, i benefici possono essere ribaltati in rischi, anche seri. Di questo parleranno i Professori Carlo Campagnoli e Flavio Quaglia durante il prossimo Comitato Scientifico di Fornaca, in programma mercoledì 17 ottobre alle ore 18.30 presso il Centro Congressi Unione Industriale di Torino, in Via Vela 17.
Nelle ragazze la prima manifestazione di una netta carenza energetica è l’amenorrea, importante segnale di un disagio generale dell’organismo, cui può corrispondere anche una riduzione delle prestazioni sportive. Altre conseguenze vi possono essere a livello cardiovascolare e delle ossa:
infatti, il tessuto osseo raggiunge il culmine del rafforzamento sul finire dell’adolescenza per gli alti livelli dei “fattori di crescita” (che stimolano la formazione), e per gli ormoni ovarici (estrogeni) che frenano il riassorbimento. La sottonutrizione e la carenza energetica, inibendo la produzione dei “fattori di crescita” e bloccando la funzione ovarica, possono addirittura facilitare la comparsa dell’osteoporosi in anni giovanili, con aumentato rischio di fratture.
Una delle conseguenze più frequenti della carenza nutrizionale in chi pratica sport sono le fratture da “stress”. Un accurato studio di tre gruppi di giovani atlete indica che quelle con amenorrea ipoestrogenica presentano fratture da stress cinque volte di più, e dieci volte di più quando vi sia anoressia.
Pur presentando un’incidenza non trascurabile negli sportivi, specialmente di sesso femminile, queste fratture sono difficili da diagnosticare e quindi talvolta vengono curate a distanza di tempo dalla comparsa o addirittura non vengono trattate in quanto misconosciute.
È indispensabile quindi un corretto approccio sia clinico che strumentale per una diagnosi differenziale con altre patologie e per una gradazione del rischio che varia a seconda del segmento scheletrico interessato. Fra le tecniche disponibili, la risonanza magnetica nucleare è quella che più precocemente e con maggior accuratezza evidenzia la frattura da “stress”.
Il trattamento in base alla sede della frattura può variare dalla semplice sospensione dell’attività fisica fino all’intervento chirurgico. Il ritorno all’attività sportiva può quindi variare da poche settimane ad alcuni mesi.