Cervicalgia: quando è un campanello d’allarme e come risolverla


La cervicalgia, o cervicobrachialgia, è un sintomo comune molto frequente nella popolazione di ogni età. Alcuni sintomi associati al dolore al collo, però, vanno considerati campanelli d’allarme e non sottovalutati. Il consiglio: se il dolore perdura, rivolgersi al medico ed evitare rimedi fai-da-te a casa prima di avere una diagnosi corretta sulle cause della propria cervicalgia.

Ne parliamo con il professor Diego Garbossa, neurochirurgo della Clinica Fornaca e direttore della Neurochirurgia universitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino, docente di Neurochirurgia presso l’Università degli Studi di Torino.

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Cervicalgia: quando è un campanello d’allarme?

La cervicalgia è in genere descritta come dolore al collo. Quando il dolore continua per settimane, nonostante la terapia medica con antinfiammatori o analgesici, la cervicalgia diventa un campanello d’allarme. Il dolore cervicale, infatti, può avere origine da contratture di muscoli e tendini, nei casi più semplici, ma può coinvolgere anche nervi e midollo spinale, quando le cause sono patologie vertebrali che vanno ad alterare lo spazio del canale midollare, andando a “pizzicare” o comprimere il midollo o le radici nervose.

In questi casi, insieme alla cervicalgia, e a sintomi irritativi come il dolore, possono comparire anche sintomi nervosi e midollari causati dalla compressione dei nervi o del midollo spinale. Si tratta di sintomi deficitari, cioè che possono manifestarsi a livello degli arti superiori, con formicolio, difficoltà a muovere un segmento del braccio, dell’avambraccio, delle mani, effettuare movimenti fini come tenere in mano una penna o maneggiare oggetti molto piccoli, oppure, nei casi più gravi di sintomi midollari, coinvolgere anche gli arti inferiori, e presentarsi con parestesie alle gambe, perdita del controllo sfinterico e quindi incontinenza urinaria e fecale.

L’artrosi dei dischi vertebrali è la più comune patologia degenerativa dei dischi che può comparire con l’età. Nei casi più gravi, l’ossificazione progressiva dei dischi può portare al restringimento del canale midollare cervicale (stenosi del canale midollare) e a sintomi midollari difficilmente reversibili. Altre cause possono essere traumi del rachide cervicale, anche piccoli e ripetuti nel tempo, come nei calciatori che, per anni, colpiscono la palla di testa, ernie cervicali, spondilolistesi e spondilolisi.

Cosa fare con questi sintomi?

La cervicalgia è un sintomo da non sottovalutare e da non trattare come un “banale” dolore al collo. Non tutte le cervicalgie sono di tipo posturale e muscolotensivo, e non sempre fare esercizi di stretching o di scarico a casa, magari seguendo tutorial online, fa bene; anzi, in alcuni casi, questi esercizi e alcune manovre possono contribuire ad aggravare i sintomi e la patologia sottostante.

Pertanto, in caso di cervicalgia che non passa con i comuni farmaci, è fondamentale rivolgersi al medico per una valutazione clinica dei propri sintomi. Durante la visita lo specialista raccoglie le informazioni riferite dal paziente sul tipo di dolore e di sintomi, ed effettua test per valutare il range di movimento del collo, la capacità di movimento e sensibilità degli arti, e i riflessi osteotendinei con il test del martelletto

Qual è la terapia?

La prima terapia ha come obiettivo il controllo del dolore. Togliere il dolore, rilassare il muscolo e permettere alla persona di recuperare qualità di vita, è fondamentale per poter iniziare un percorso di “igiene muscolo scheletrica”. In questa fase, quindi, vengono prescritti antinfiammatori e analgesici. Solo quando il dolore e la contrattura sono risolti, è il momento della fisioterapia, con quegli esercizi che, praticati ogni giorno per tutta la vita, permetteranno al paziente di prevenire il dolore e mantenere il corretto funzionamento dei dischi.

Nel caso la terapia non abbia successo, oppure la malattia progredisca e provochi restringimento del canale midollare, è indicata la terapia chirurgica che, oggi, è sempre meno invasiva, anche con sistemi avanzati di navigazione guidata. Quando è necessario intervenire chirurgicamente, il neurochirurgo decide il tipo di intervento tenendo conto della diagnosi, ma anche delle caratteristiche della persona da operare. Diverse sono le opzioni chirurgiche disponibili per liberare il canale spinale e le radici nervose in cui passano i nervi, ed evitare il rischio di compressioni: nei casi più semplici, la discectomia, cioè l’asportazione del disco vertebrale malato e sostituzione con piccole protesi, e l’artrodesi vertebrale, ovvero la fissazione delle vertebre che vengono stabilizzate e fissate con speciali gabbie; in alcuni casi, specie negli anziani, si può effettuare la laminectomia, che prevede la rimozione di una o più lamine vertebrali per decomprimere il midollo spinale e le radici nervose, oppure la laminoplastica, con l’inserimento di placche che permettono mantenere in sede queste strutture, proteggendole. In casi molto complessi, si possono effettuare interventi di stabilizzazione vertebrale con tecniche avanzate che utilizzano viti e placche.

L’intervento risolve la cervicalgia?

La chirurgia non risolve la cervicalgia, ma è l’inizio di un percorso che permetterà al paziente di recuperare la funzione della colonna cervicale, tornare a fare fisioterapia. Infatti, per ottenere il massimo beneficio dalla chirurgia, è importante che il paziente si impegni prima e dopo l’intervento a ripristinare delle sane abitudini, con gli esercizi da fare a casa, ogni giorno, movimenti e posture corrette del collo.