«La malattia virale determinata dal Coronavirus può ridurre resistenza e risposta alle terapie di pazienti anziani e fragili, ma può essere altrettanto grave nella popolazione adulta e “sana” che non segue un’alimentazione bilanciata e corretta. Nessun integratore può sostituire una dieta bilanciata né può prevenire da solo l’infezione», spiega la dottoressa Rosalba Galletti, nutrizionista della Clinica Fornaca.
«Un adeguato stato fisico ci permette di difenderci meglio dalle infezioni batteriche o virali come il Covid-19, virus caratterizzato da un’alta capacità di contagio. Gli anziani, i soggetti più fragili e quelli con malattie croniche preesistenti risultano più suscettibili: non tanto per l’infezione in sé, ma anche per le conseguenze negative che provocano l’aggravamento della loro situazione cliniche. La malnutrizione può ridurre resistenza e risposta alle terapie di pazienti anziani e fragili, ma anche nella popolazione adulta colpita da Covid-19 che non segue un’alimentazione bilanciata e corretta. Nessun integratore può sostituire una dieta bilanciata né può prevenire da solo l’infezione».
È la premessa che la dottoressa Rosalba Galletti, diabetologa e nutrizionista della Clinica Fornaca e della Città della Salute e della Scienza di Torino, specialista in Diabetologia e Malattie metaboliche, sostiene in merito al rapporto tra Covid-19 e nutrizione. «La popolazione anziana risulta più coinvolta e più gravemente colpita da questo virus perché ha minore resilienza agli eventi di stress esterno e perché può presentare problematiche nutrizionali già esistenti – prosegue -. In generale, la maggior parte degli anziani non ha uno stato di nutrizione ottimale: un’alimentazione incompleta o insufficiente determina la perdita di massa magra e la riduzione delle masse muscolari, condizione che aumenta il rischio di minor risposta all’insulto infiammatorio e di minore efficienza di risposta immunitaria. Si possono avere casi di malnutrizione che determinano la perdita del 5 per cento del proprio peso nell’arco di tre mesi, una situazione piuttosto frequente in chi ha contratto il Coronavirus».
Come reagire di fronte a questa condizione? «L’infiammazione si associa a uno squilibrio ossido-riduttivo che “consuma” le difese antiossidanti e incrementa ulteriormente lo stato infiammatorio fino a determinare immunodepressione. L’infiammazione produce anche uno stress metabolico, un aumento del consumo proteico, perdita delle masse muscolari e anche di capacità dei muscoli respiratori – risponde la dottoressa Galletti -. Per evitare che all’azione delle citochine infiammatorie si associ una riduzione del trofismo muscolare determinato anche da un insufficiente apporto nutrizionale, è opportuno valutare lo stato nutrizionale iniziale del paziente e calibrare opportunamente apporto calorico e proteico». Anche perché inappetenza, febbre, nausea e dispnea riducono molto l’assunzione alimentare, mentre la diarrea presente in alcuni casi può essere causa di malassorbimento dei nutrienti: «La presenza di alterazione strutturale della parete intestinale facilita la traslocazione batterica nonché il possibile sovrapporsi di sepsi batteriche», puntualizza la dottoressa Galletti.
Per chi si ammala di Covid-19, l’alimentazione per via orale deve quindi essere ottimizzata a partire dalla composizione di base dei pasti, nei quali è auspicabile un incremento della concentrazione proteico-calorica. «Non sempre è necessaria una supplementazione vitaminica e di oligoelementi (selenio, zinco, rame) se le persone hanno un’alimentazione equilibrata con un buon apporto di verdure, legumi, cereali integrali e altro – continua la dottoressa Galletti -. È opportuno un dosaggio della Vitamina D e una sua supplementazione solo in caso di carenza». Bisogna considerare che anche pochi giorni di ricovero, con conseguente immobilità a letto, possono determinare una perdita di muscolo e uno stato di malnutrizione con perdita di peso importante. Da qui l’importanza di una presa in carico del paziente ospedalizzato da parte di un dietologo o di un dietista.
Va da sé che anche questa situazione può trovare risposte in un’azione preventiva, da svolgere ogni giorno: «In tema di difese immunitarie l’alimentazione ha un ruolo importante – conferma la dottoressa Galletti -. Vivere cercando di mantenere al massimo le nostre difese significa anche fare più attenzione a quello che mangiamo: la nostra prima difesa immunitaria parte dall’intestino, dove si trovano migliaia di miliardi di microbi. L’insieme delle migliaia di famiglie di batteri si chiama Microbiota: alcune di queste famiglie producono sostanze infiammatorie, citochine, sostanze tossiche per l’organismo, ma altre rilasciano invece fattori di protezione, antiinfiammatori. Noi dobbiamo cercare di aumentare la presenza e la crescita di queste famiglie di “batteri amici” che possono aiutare anche a migliorare il nostro stato di salute». In che modo? «Mangiando alimenti che favoriscono la crescita di questi batteri e che mantengono una buona funzionalità del nostro sistema digestivo – conclude la dottoressa Rosalba Galletti -. Quindi alimenti facilmente digeribili dallo scarso contenuto di grassi saturi: i cereali integrali, il pesce che è ricco di Omega 3 e di oli polinsaturi, frutta e verdura che contengono flavonoidi e antiossidanti. Bene anche le fibre solubili e l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva».