Dislessia e disturbi dell’apprendimento: importante salvaguardare l’autostima


La dislessia figura tra i disturbi specifici dell’apprendimento: «Fondamentali diagnosi precoce e supporti didattici adeguati», osserva il dottor Felicioni, pediatra della Fornaca. Si chiamano disturbi specifici dell’apprendimento e sono quelli che al bambino rendono difficile acquisire competenze legate a lettura, scrittura, calcolo e ortografia. Si tratta di dislessia, disgrafia, discalculia o disortografia, disturbi che possono […]

La dislessia figura tra i disturbi specifici dell’apprendimento: «Fondamentali diagnosi precoce e supporti didattici adeguati», osserva il dottor Felicioni, pediatra della Fornaca.

Si chiamano disturbi specifici dell’apprendimento e sono quelli che al bambino rendono difficile acquisire competenze legate a lettura, scrittura, calcolo e ortografia. Si tratta di dislessia, disgrafia, discalculia o disortografia, disturbi che possono iniziare a manifestarsi all’avvio dell’età scolastica (tra i quattro anni e mezzo e i cinque anni di età) del bambino e che vengono diagnosticati nei primi anni della scuola primaria. «La diagnosi precoce aiuta moltissimo: il pediatra fa la sua parte, così come l’educatore, che valuta il modo di presentarsi del bambino alle sue prime esperienze scolastiche», afferma il dottor Valter Felicioni, pediatra di famiglia da oltre trent’anni e riferimento della Pediatria della Clinica Fornaca, dove si prende cura dello sviluppo psicofisico dei bambini, della prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infantili e della adolescenza.

«La dislessia ha talvolta origine nella mancata associazione tra il canale uditivo e quello visivo – prosegue il dottor Felicioni -. I due canali dovrebbero viaggiare in parallelo ma non lo fanno: il bambino dislessico sente una cosa e ne scrive un’altra. E’ come se usasse un sistema operativo diverso dal nostro. Viene considerato un bambino che non sa ascoltare o seguire ma in realtà ha solo tempi più lunghi, dovuti al fatto che gli tocca tradurre nel suo sistema operativo quanto è stato detto con il nostro». Il disturbo può presentarsi in diversi modi: avere difficoltà a distinguere i segni dei sistemi di scrittura è uno dei più frequenti (confondere cioè “p” e “b”, “d” e “q”, “u” e “n”, oppure “m” e “n”, “c” ed “e”, “f” e “t”, solo per fare alcuni esempi).

Il bambino dislessico o con un altro disturbo specifico dell’apprendimento ha in ogni caso un quoziente intellettivo normalissimo, talvolta addirittura superiore alla media. «Le sue sono problematiche di correlazione che non gli permettono di lavorare alla stessa velocità di reazione degli altri bambini e perciò gli rendono necessari determinati supporti didattici e, prima ancora, un occhio più attento degli insegnanti», aggiunge il dottor Felicioni. Ogni scuola, come stabilisce la Legge 170 del 2010, ha peraltro l’obbligo di dotarsi di un referente per i bambini (che rappresentano una cifra tra il 2 e il 5 per cento del totale) con questo tipo di disturbo.

«Personalizzare il sistema di educazione è la risposta giusta – precisa ancora il dottor Felicioni -, tenendo sempre ben presente che nei disturbi specifici dell’apprendimento la cosa più importante è salvare l’autostima del bambino. E’ quello il valore che non deve essere mai messo a repentaglio, pena la possibilità di avere poi un adulto potenzialmente depresso o complessato». Ecco che allora pediatra ed educatori devono aiutare i genitori: «Evitando che questi bambini vengano considerati non intelligenti o, per via dei tempi lunghi che li caratterizzano, non all’altezza dei compiti assegnati. Basta in realtà cambiare la metodica didattica per rendere gli stessi bambini allegri e fiduciosi in se stessi. Farli sentire il più normali possibile è la via migliore per sostenere la loro autostima e condurli all’età lavorativa senza che abbiano con sé un vissuto di mancata accettazione da parte degli altri».