L’insonnia per il 10 per cento della popolazione rappresenta addirittura un problema cronico: «Può presentarsi in forme diverse e colpisce tutte le fasce d’età», spiega il dottor Walter Troni, neurologo della Clinica Fornaca.
«Che cos’è l’insonnia? Come ciascuno di noi sa per esperienza personale, anche solo occasionale, è l’incapacità a iniziare il sonno e/o a mantenerlo, la precocità del risveglio e, più in generale, la sensazione frustrante al risveglio di uno scarso effetto ristoratore del proprio sonno». L’insonnia è sicuramente la più diffusa patologia del sonno: «I dati epidemiologici dimostrano che circa il 35 per cento della popolazione ha avuto qualche problema “conflittuale” con il sonno, mentre nel 10 per cento dei casi l’insonnia rappresenta un problema cronico», conferma il dottor Walter Troni, neurologo della Clinica Fornaca.
Dottor Troni, quali sono le cause dell’insonnia?
«Per comprendere l’insonnia e le sue cause biologiche intime sarebbe indispensabile comprendere a fondo la natura del sonno, che continua invece a essere probabilmente il mistero più fitto della biologia. Che il sonno abbia una funzione ristoratrice è indubbio, come dimostrato dalla gravi conseguenze psichiche e comportamentali derivanti dalla sua prolungata restrizione. Ma quali siano le funzioni cerebrali ristorate o normalizzate dal sonno è tuttora ignoto. Sappiamo, soprattutto in base alla registrazione elettoencefalografica, che il sonno è strutturato in modo complesso e che comprende diversi stadi in grado di susseguirsi in modo ciclico. Uno di questi stadi, noto a tutti, è il sonno REM che coincide prevalentemente con l’attività onirica».
I numeri dicono che almeno una persona su tre ha avuto qualche problema con il sonno e che molte di loro hanno conosciuto l’insonnia.
«Non raramente si tratta di pseudo-insonnia, nel senso che il paziente presenta un’alterata percezione delle durata del suo sonno, nettamente inferiore a quella reale, documentata durante l’indagine polisonnografica: è la cosiddetta insonnia paradossa. La moderna classificazione dell’insonnia comprende la forma acuta, accessuale nella quale il disturbo del sonno compare acutamente, spesso in rapporto a palesi fattori scatenanti, perlopiù cause ambientali, emergenze mediche o terapie farmacologiche. Per convenzione, la durata di questa forma non deve superare i tre mesi. Rientra in questa categoria l’insonnia episodica, spesso limitata a una sola notte: quella che ciascuno di noi ha subito almeno una volta, magari favorita da un fenomeno come il jet lag. L’insonnia cronica rappresenta invece molto spesso una complicanza di varie patologie sia psichiatriche, in primo luogo ansia e depressione, sia internistiche, quali le apnee del sonno, le sindromi dolorose, l’abuso alcolico e altro. Esiste poi una forma fortunatamente rara di insonnia cronica idiopatica, definita tale per l’assoluta mancanza di fattori causali, che inizia fin dall’adolescenza. Sicuramente una parte importante di insonnie croniche appare conseguente ad alterazioni di tipo comportamentale che confliggono con un normale innesco del sonno e con la sua continuità: l’abuso alcolico o il tabagismo serale, l’abitudine al pisolino pomeridiano, l’attività mentale impegnativa serale, l’eccessiva sedentarietà, lo stare a letto a lungo in fase di veglia danno vita all’insonnia da inadeguata igiene del sonno».
Chi viene colpito dall’insonnia?
«L’esperienza comune conferma che si può essere colpiti dall’insonnia in ogni fascia di età, soprattutto se si innescano I meccanismi favorenti prima elencati. È peraltro evidente che la fascia di popolazione di età avanzata è quella che più spesso presenta, o almeno lamenta, disturbi sia dell’innesco del sonno sia, soprattutto, della sua continuità. Le cause sono spesso di per sé evidenti: basti pensare ai disturbi minzionali, soprattutto maschili, in età avanzata».
Come si cura l’insonnia?
«L’insonnia si cura soprattutto cercando di evitare l’uso dei sonniferi. A mio parere è infatti fondamentale evitare che si inneschi nel paziente l’automatismo psicologico per cui il sonno deve essere necessariamente indotto dal farmaco. Ciò comporta inevitabilmente l’abuso del farmaco, con aumenti progressivi del dosaggio volti a contrastarne l’inevitabile assuefazione. Il sonno non è un interruttore che si accende o si spegne a piacere, ma è l’atto conclusivo della giornata e necessariamente ne riflette la qualità più o meno favorente la sua spontanea comparsa. È quindi indispensabile, come sempre nell’attività medica, un’accurata anamnesi per cogliere tutti i fattori che influenzano negativamente il suo innesco fisiologico. Riuscire a migliorare il senso di solitudine di un anziano, evitando che vada a letto alle otto di sera, spesso ne cura l’insonnia molto più dei farmaci. Curare, mediante un’efficace terapia diurna l’ansia e la depressione spesso migliora di per sé la qualità del sonno. Quando è necessario l’uso di farmaci ipno-inducenti, possibilmente per terapie brevi e con uso saltuario “al bisogno”, sono comunque disponibili prodotti che presentano rapidità d’azione e rapida eliminazione evitando effetti collaterali tardivi».