«La dieta costituisce un’importante variabile nello sviluppo e nella modificazione del microbiota», spiega la dottoressa Rosalba Galletti, dietologa-nutrizionista della Clinica Fornaca e della Città della Salute e della Scienza di Torino. Che aggiunge: «La nutrizione personalizzata è un approccio probabilmente più efficace nel contesto di numerose patologie».
“Lascia che il cibo sia la tua medicina”: il concetto coniato da Ippocrate circa 2000 anni fa può essere ancora valido? «La dieta costituisce un’importante variabile nello sviluppo e nella modificazione del microbiota. L’evidente interrelazione tra dieta e microbiota ha cominciato a emergere solo negli ultimi anni, ma di sicuro può portare a una migliore conoscenza della variabilità delle risposte alla dieta o alle sue modificazioni in apparenti condizioni cliniche similari», risponde la dottoressa Rosalba Galletti, dietologa-nutrizionista della Clinica Fornaca e della Città della Salute e della Scienza di Torino e specialista in Diabetologia e Malattie metaboliche.
«L’alimentazione è il principale contributore alla diversità della flora intestinale – prosegue la dottoressa Galletti -. I cambiamenti nella dieta possono rappresentare il 57 per cento delle variazioni del microbiota rispetto al 12 per cento dato delle variazioni genetiche, mentre il resto è appannaggio di fattori ambientali, malattie e terapie intercorrenti. Nel mondo industrializzato e nei paesi in via di sviluppo, la presenza di malattie multifattoriali è spesso legata all’alimentazione, tuttavia le modificazioni della dieta risultano di limitata efficacia nel prevenirle o curarle, un aspetto che potrebbe anche essere correlato al diverso microbiota presente in ogni persona».
Dottoresse Galletti, in determinate patologie può la nutrizione personalizzata essere d’aiuto?
«La nutrizione personalizzata è un approccio probabilmente più efficace nel contesto di numerose patologie. I cambiamenti dietetici possono modificare il microbiota intestinale nella sua composizione e funzione. Anche nel corso della stessa giornata si assiste alla modificazione delle concentrazioni delle varie famiglie di batteri in concomitanza con i pasti. L’assunzione di alimenti ricchi di fibre può modificare il microbiota dopo solo uno o due giorni o anche dopo settimane, dipende dalla probabile interferenza sul suo effetto che può derivare dall’assunzione contemporanea di elevate quantità di grassi e proteine animali. Anche diete a basso contenuto calorico possono alterare la composizione del microbiota, mentre In assenza di modificazioni dietetiche il microbiota nell’uomo è considerato abbastanza stabile nel tempo».
Come si comporta il microbiota nelle diverse fasi della nostra vita?
«Il drastico cambiamento dell’alimentazione nella prima infanzia porta a modificazioni strutturali e funzionali del microbiota. La fermentazione dei carboidrati e la biosintesi delle vitamine si evidenzia solo con l’introduzione dei cibi solidi, vale a dire verso la fine del primo anno di età. Successivamente, nell’età adulta, le modificazioni del microbiota avvengono in relazione a molti fattori tra cui i processi infiammatori generalizzati con aumento di sostanze infiammatorie (citochine circolanti e disfunzioni macrofagiche). Tali modificazioni sono molto sensibili alle modificazioni dietetiche. Infine, negli anziani una riduzione della diversità microbica potrebbe servire come marker di “fragilità”».
Quali sono gli effetti dei grassi sul microbiota?
«Nel 2015, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha posto l’attenzione sull’importanza di ridurre l’apporto di grassi saturi e trans, ma non quello della quantità totale di lipidi. Diete ricche di grassi saturi portano a un aumento di batteri infiammatori, produttori di LPS (lipopolisaccaridi) non solo nell’intestino, ma che si possono diffondere anche a livello sistemico creando una situazione proinfiammatoria detta “endotossiemia metabolica”. I LPS mediano infatti l’aumento del peso e degli indici infiammatori del tessuto grasso bianco, macrofagi e insulino-resistenza. È probabile che i grassi saturi modificando il microbiota influiscano sulla capacità di produzione di acidi grassi a catena corta (principale fonte di energia per le cellule intestinali e prima barriera delle nostre difese immunitarie) e, insieme a una predisposizione genetica, siano la causa di effetti dannosi sulla salute come la sindrome metabolica, obesità e altro».
E quali sono invece gli effetti delle proteine sul microbiota?
«Le carni rosse processate (lavorate e insaccati) possono favorire un aumento nel rischio di cancro del colon-retto, dovuto alla produzione di amine eterocicliche carcinogenetiche. L’aumento è legato anche alla presenza di un microbiota alterato».
È vero che gli additivi alimentari possono risultare dannosi?
«Gli additivi alimentari sono sostanze comunemente utilizzate durante la lavorazione degli alimenti per aumentare la durata di conservazione e migliorare la qualità e il gusto degli alimenti preconfezionati. Diversi additivi alimentari, come maltodestrina, agenti emulsionanti (P80 o polisorbato) o addensanti come carbossimetilcellulosa (CMC), carragenina e gomma di xantano, possono alterare l’equilibrio intestinale».
Che cos’è la disbiosi e cosa comporta?
«La disbiosi del microbiota, vale a dire lo sbilanciamento delle popolazioni microbiche, è strettamente correlata con molte patologie croniche, incluse malattie infiammatorie croniche e malattie metaboliche, come diabete, obesità, malattie cardiovascolari. La disbiosi intestinale danneggia l’integrità e la funzione della barriera della mucosa intestinale, mentre batteri patogeni proliferano e producono enterotossine, aumentando la permeabilità intestinale (cioè il passaggio di batteri patogeni e sostanze tossiche in circolo e a livello sistemico), alterando l’immunità intestinale e favorendo l’instaurarsi di infiammazioni croniche».