«È un dispositivo elettrico di piccole dimensioni che fornisce impulsi elettrici al cuore dei pazienti affetti da bradicardia», spiega il dottor Enrico Caruzzo, responsabile del servizio di Cardiologia della Clinica Fornaca. L’intervento avviene in anestesia locale e permette di tenere costantemente sotto controllo il ritmo del cuore.
«Il pacemaker è un dispositivo elettrico di piccole dimensioni, simili a quelle di un orologio o di una moneta. Attraverso degli elettrodi fornisce impulsi elettrici al cuore dei pazienti affetti da bradicardia e che dunque presentano un ritmo del cuore troppo lento». Il dottor Enrico Caruzzo, responsabile del servizio di Cardiologia della Clinica Fornaca, presenta con queste parole quella che è la terapia più efficace nei pazienti con bradicardia e che è ora disponibile anche per i pazienti della Fornaca.
«L’impianto del pacemaker è un intervento che avviene in anestesia locale – prosegue il dottor Caruzzo -. Si esegue un’incisione sotto la clavicola sinistra e si isolano alcune vene dalle quali si possono far passare i necessari elettrodi che entrano nel cuore e poi nelle cavità dell’atrio destro o del ventricolo destro, a seconda del tipo di stimolazione necessario». Una volta fissati nei punti elettricamente idonei, questi elettrodi vengono avvitati al pacemaker che viene poi inserito sotto cute e cucito in un’apposita tasca. «Gli elettrodi possono essere fissati in due diversi modi – aggiunge il dottor Caruzzo –: o con una vitina che si avvita dentro il cuore o con un piccolo ombrellino i cui fili si incastrano a livello dell’endocardio».
La Clinica Fornaca ha attrezzato una delle sue sale chirurgiche per permettere questo tipo di intervento: «Disponiamo di apparecchi radiologici che ci permettono di seguire il percorso degli elettrodi, nonché di defibrillatore e monitor che ci danno traccia degli impulsi elettrici e in caso di necessità possono stimolare il cuore sulla parete esterna», precisa il dottor Caruzzo che ricorda come la Cardiologia della Fornaca conti pure sulla presenza del professor Fiorenzo Gaita.
Quanto dura l’intervento di impianto del pacemaker? «Dipende dall’anatomia delle vene – risponde il dottor Caruzzo -, di norma richiede da mezzora a un’ora. La durata delle batterie è invece legata al tipo di pacemaker, al tipo di stimolazione e alla soglia di stimolazione, vale a dire la posizione in cui si mettono i cateteri. Fondamentalmente i pacemaker che impianto personalmente, i cosiddetti “long life”, durano oltre dieci anni».
Come si tiene sotto controllo? «Il pacemaker controlla costantemente il cuore e interviene autonomamente in caso di rallentamento del ritmo cardiaco, inviando impulsi elettrici – risponde il dottor Caruzzo -. Il primo controllo avviene dopo pochi mesi (da uno a tre) ed è il più delicato perché deve confermare i dati dell’impianto, Dopodiché i controlli possono essere anche solo annuali e servono a controllare i parametri e le batterie. In caso di problemi, i segnali di allarme emessi dal dispositivo fanno anticipare il controllo».
Il dottor Enrico Caruzzo conclude con uno sguardo sul futuro dei pacemaker: «Oggi sono molto piccoli e dalla dimensione necessaria a conferire loro l’adeguata durata- spiega -. I nuovi pacemaker nano-tecnologici non hanno fili elettrici e vengono inseriti direttamente dentro al cuore: si tratta di una tecnica ancora in fase iniziale che può essere utilizzata solo in particolari situazioni. È ancora presto per dire se rappresentano il futuro assoluto dei pacemaker o se invece affiancheranno l’impianto classico».