Tascabile, elegante e comprensivo dei dati anagrafici completi del paziente e del suo impianto, il passaporto protesico può essere utilizzato nei viaggi e nella vita di tutti i giorni consentendo un’identificazione chiara dell’impianto ortopedico e la sua precisa collocazione.
Un vero e proprio passaporto: tascabile, elegante e comprensivo dei dati anagrafici di sé e della propria protesi. È quello realizzato dalla Clinica Fornaca e distribuito da inizio anno a tutti i pazienti che si sottopongono a un intervento di chirurgia protesica all’anca.
Realizzato con il supporto diretto dei medici specialisti nella chirurgia protesica d’anca, il passaporto della Clinica Fornaca rappresenta la certificazione della presenza, nel proprio corpo, di un giunto artificiale dotato di una parte metallica in grado di attivare i dispositivi di sicurezza di aeroporti, stazioni, banche e altro. In caso di attivazione dell’allarme, la presentazione del passaporto protesico non esclude la possibilità di ulteriori controlli della superficie cutanea, tuttavia identifica in modo chiaro l’impianto ortopedico e la sua precisa collocazione.
Comodo da portare con sé e scritto in due lingue (italiano e inglese), il passaporto protesico può accompagnare il paziente nei suoi viaggi e nella vita di tutti i giorni, garantendogli una documentazione puntuale dell’intervento eseguito e del relativo impianto ortopedico. Il passaporto protesico riporta inoltre timbro e firma del medico che ha eseguito l’intervento nonché l’etichetta identificativa della protesi. In questo modo, il paziente potrà avere sempre con sé i dati essenziali per gestire al meglio la necessità di fornire informazioni relative alla sua protesi.
«Si tratta di un’ulteriore attenzione che la Clinica Fornaca rivolge ai propri pazienti – sottolinea il Direttore generale, Margherita Patti – ed è la risposta a una richiesta precisa che ci è stata rivolta da molti di loro dopo aver eseguito l’intervento».
L’artrosi dell’anca rappresenta una delle malattie delle articolazioni più comuni al mondo. Consiste nell’usura della cartilagine articolare e colpisce la maggior parte delle persone che hanno superato i 65 anni di età. La sua prevalenza aumenta nel tempo, tanto che arriva a riguardare l’80 per cento di chi ha superato i 75 anni. «Ricorrere alla protesi – ha ricordato di recente il professor Alessandro Massè, ortopedico della Clinica Fornaca e direttore della Prima clinica ortopedica del CTO presso la Città della salute e della scienza di Torino – rappresenta per il paziente una procedura di provata efficacia nell’eliminare i sintomi, nel consentire un recupero del movimento articolare e quindi nel permettere un ritorno alla vita attiva».