Utilizzato per gli interventi di Neurochirurgia, sia quelli transcranici sia quelli di colonna vertebrale: «Permette al chirurgo di visualizzare i più piccoli dettagli del campo operatorio in una posizione più comoda di quella del tradizionale microscopio operatorio», spiega il dottor Francesco Zenga.
Si chiama esoscopio ed è entrato in pianta stabile tra gli strumenti utilizzati alla Clinica Fornaca per gli interventi di Neurochirurgia, sia quelli transcranici sia quelli di colonna vertebrale. Lo presenta il dottor Francesco Zenga, neurochirurgo della Clinica Fornaca e responsabile della Chirurgia del basicranio e ipofisiaria della Città della Salute e della Scienza di Torino. Alla Clinica Fornaca, il dottor Zenga fa parte della consolidata équipe che conta sui dottori Marco Ajello e Nicola Marengo e sul professor Diego Garbossa.
Dottor Zenga, che cos’è l’esoscopio e quali sono i suoi punti di forza?
«L’esoscopio è un sistema di visione in 3D che, grazie ad appositi occhiali polarizzati, permette al chirurgo di visualizzare i più piccoli dettagli del campo operatorio su un grosso monitor 4K e senza alcuna perdita di risoluzione. Viene anche definito “microscopio robotizzato” perché in virtù di una piccola telecamera posizionata sul campo operatorio offre la stessa immagine magnificata del microscopio, macchina molto voluminosa che obbliga invece il chirurgo a una posizione scomoda e stancante. Con l’esoscopio, il chirurgo guarda direttamente dentro il monitor davanti a sé e condivide la visione con anestesisti, strumentisti e personale di sala. Il microscopio offre invece un monitor laterale, più piccolo e che non può essere visto da tutti insieme».
È corretto dire che l’esoscopio offre perciò una visione “collettiva” e di altissima qualità? Quali ulteriori vantaggi è in grado di offrire?
«Proprio così. L’immagine è tridimensionale su uno schermo 4K ad altissima risoluzione che rende eccezionali la resa dei colori e il bilanciamento dei bianchi. È un sistema di visione miniaturizzato e robotizzato che conta su un braccio comandato da un joypad sterile posto sul campo operatorio: permette micro-movimenti eccezionali sul campo operatorio e posso anche posizionarlo di lato per avere il campo operatorio completamente libero. Inoltre, l’esoscopio della Fornaca ha l’ulteriore vantaggio di essere compatibile con le ottiche endoscopiche: vuol dire che, in una sola macchina, abbiamo esoscopio ed endoscopio, entrambi 3D in 4K per poter affrontare qualsiasi patologia neurochirurgica e del basicranio».
Qual è stato finora l’utilizzo dell’esoscopio nelle sale operatorie della Clinica Fornaca?
«Lo abbiamo a disposizione da circa un anno e lo abbiamo utilizzato per tutta la patologia cranica e vertebrale. Può anche essere utilizzato nella patologia otorinolaringoiatrica, così come in ogni patologia nella quale il chirurgo ha la necessità di vedere in modo magnificato, con alta qualità di immagine e profondità di campo. In Neurochirurgia abbiamo così eseguito interventi transcranici come asportazione di meningiomi, neurinomi, cavernomi e, attaccando allo stesso strumento le ottiche endoscopiche, di chirurgia endoscopica endonasale, come nel caso di adenomi ipofisari. In pratica, possiamo affrontare la stessa patologia da sopra con l’esoscopio o dal naso con l’endoscopio».
Un vantaggio non indifferente è quello legato alla maggiore comodità del chirurgo che, in questo modo, si stanca meno. È davvero così?
«Assolutamente sì. Su alcuni interventi neurochirurgici cambia la modalità di postura del chirurgo. Se devo guardare lateralmente con il microscopio è una cosa, se invece utilizzo l’esoscopio continuo a guardare il mio monitor spostando il braccio robotico di lato e continuando a operare dritto in una posizione migliore per il chirurgo e per il paziente. Il chirurgo non si stanca e non stanca gli occhi. Tutta la sala partecipa all’intervento, anche in Neurochirurgia dove in genere il campo operatorio è piccolo e non si vede. Per alcuni interventi, si riesce a operare in due, se non addirittura in tre: tutti guardiamo il monitor e abbiamo le mani sul campo operatorio. Quando serve si possono infine utilizzare due monitor, uno di fronte all’altro o ad angolo retto, così un chirurgo guarda un monitor e l’altro chirurgo guarda il secondo monitor. Tutto a beneficio della qualità dell’intervento».