«Valuta la complessità assistenziale della singola persona e le attribuisce il giusto numero di infermieri», spiega il dottor Aldo Montanaro, direttore servizi assistenziali di Fornaca e Humanitas Cellini
Di che cosa ha bisogno il mio paziente? Quanti e quali infermieri e operatori socio sanitari devo mettergli a disposizione per assisterlo al meglio assecondando le sue singole esigenze? Nella risposta a queste due domande si trova il senso del MAP (Metodo assistenziale professionalizzante), candidato a ridefinire l’assistenza del paziente (ospedalizzato e non) nonché le modalità di organizzazione della pianta organica di ogni singolo ospedale.
L’argomento è vivo da qualche mese anche nelle sedi dell’assessorato regionale alla Sanità, dove è stato aperto un tavolo di discussione al quale partecipa il dottor Aldo Montanaro, direttore dei Servizi assistenziali sanitari della Clinica Fornaca e di Humanitas Cellini. Uno studio condotto in più di cento ospedali e ricco di oltre 560mila schede di osservazione ha prodotto risultati che pongono in modo autorevole il MAP nella posizione di strumento utile a ridefinire in modo efficace la gestione del paziente. Tanto che già il 2016 potrebbe registrare la sua sperimentazione in uno o più ospedali piemontesi, soluzione alla quale l’assessorato sta lavorando con il Collegio infermieri Ipasvi di Torino.
È stato proprio il dottor Montanaro, assieme alle colleghe Monica Molinar Min e Paola Rossetto, ad avviare nel 2007 il percorso che ha condotto all’individuazione e all’applicazione del MAP. «Eravamo alla ricerca di un metodo che ci permettesse di valutare in modo efficace la complessità assistenziale della persona da noi assistita e che ci consentisse di individuare il giusto numero di infermieri e operatori sanitari da metterle a disposizione – spiega -. Si trattava di una necessità legata alla debolezza dei metodi fino ad allora utilizzati, fatti di tabelle orarie e carichi di lavoro, difficili da definire e interpretabili nei modi più svariati». Con queste premesse è partito, promosso dalla Federazione nazionale Ipasvi, uno studio d’osservazione sull’intero territorio italiano che ha messo insieme oltre mezzo milione di schede di osservazione. «Il risultato dello studio – aggiunge il dottor Montanaro – ci ha permesso di validare i due strumenti del MAP e di definire range numerici e quote temporali utili per i quattro livelli di complessità individuati». Bassa, medio bassa, medio alta, alta: ciascun paziente si trova all’interno di una di queste quattro fasce di intensità e ciascuna fascia ha una serie di variabili legate ancora alla complessità del paziente. Ne risulta un coefficiente che, di volta in volta, determina il numero di persone necessarie all’assistenza del singolo paziente.
«Si tratta di un autentico cambio culturale – prosegue il dottor Montanaro -: non è più la sola patologia a determinare il livello di assistenza del paziente ma sono le sue singole e specifiche esigenze». In definitiva, «il MAP valuta la complessità assistenziale della persona in rapporto alle sue condizioni di salute, deduce le sue reali necessità di assistenza, sceglie le tipologie appropriate di intervento distinguendo le azioni degli infermieri da quelle degli operatori di supporto, calcola il fabbisogno qualitativo e quantitativo di risorse umane», puntualizza il dottor Montanaro che rivela come la pianificazione assistenziale di Humanitas Cellini (coinvolta già nel 2009 nello studio osservazionale che ha validato il MAP) sia da tempo “contaminata” dalle linee guida del nuovo metodo e come anche la Clinica Fornaca lo stia sperimentando attivamente. «Si tratta di uno strumento in grado di fornire anche ispirazione e arricchimento professionale per gli infermieri, il lavoro di questi ultimi non sempre viene valorizzato in modo adeguato o, quantomeno, non ne rimane traccia sufficiente. Il MAP responsabilizza l’infermiere e ne mette in evidenza il tipo di lavoro svolto».