È ultra-mininvasiva, non prevede la necessità di ricovero, viene eseguita in sedazione e mantiene la funzione eiaculatoria del paziente. Si tratta dell’innovativa tecnica “Rezum” che il professor Paolo Gontero, direttore dell’Urologia della Città della Salute e della Scienza di Torino e urologo della Clinica Fornaca, applica ai pazienti con ipertrofia prostatica benigna che necessitano di un intervento disostruttivo. «Oggi è importante poter sempre scegliere l’approccio terapeutico corretto in base alle esigenze del paziente e alle caratteristiche anatomiche della sua prostata», spiega l’urologo.
Cosa si intende per tecnica “Rezum”?
«Si tratta di una tecnica interessante e innovativa – spiega il professor Gontero – che utilizza il vapore acqueo prodotto mediante un generatore a radiofrequenza e che viene somministrato per via endoscopica, passando dall’uretra, grazie a un sistema monouso dotato di un ago che esegue punture all’interno della prostata. A seconda delle dimensioni della ghiandola, le punture possono andare da un minimo di due a un massimo di sei: ciascuna di esse dura nove secondi e determina, proprio attraverso il vapore acqueo, l’immediata distruzione di un paio di centimetri di tessuto prostatico. È “ultra-mininvasiva”: l’intervento è molto rapido, dura di norma 15-20 minuti e non richiede anestesia generale o spinale. Personalmente prediligo una sedazione per una maggiore sicurezza del paziente, ma potrebbe anche essere sufficiente un’anestesia locale».
Quali sono i vantaggi?
«In termini sintomatologici, i risultati si ottengono dopo un po’ di tempo. Il massimo del beneficio lo si raggiunge dopo due o tre mesi dall’intervento, anche se miglioramenti significativi si vedono già dopo un paio di settimane. Al paziente bisogna in ogni caso comunicare da subito che non si aspetti risultati immediati. Un accorgimento utile a evitare sintomi irritativi post operatori è invece quello di mantenere per alcuni giorni un catetere, di calibro tale da poter essere tollerato senza interferire troppo con le attività quotidiane». Un altro elemento molto importante è che nonostante parte del tessuto prostatico venga risparmiata dal trattamento, i risultati sono duraturi. Negli Stati Uniti sono da poco stati resi noti i risultati a cinque anni di follow up dopo l’utilizzo di “Rezum”: i pazienti mantengono i benefici dei sintomi e solo il 4% di loro ha avuto bisogno di un nuovo intervento. «Un’altra peculiarità di questa tecnica è il completo risparmio funzionale: in particolare, oltre al mantenimento dell’erezione anche quello di una normale eiaculazione, spesso danneggiata dalle tecniche più tradizionali. Una volta i pazienti si accontentavano di non perdere l’erezione e di conservare la continenza urinaria, oggi richiedono giustamente anche il mantenimento dell’eiaculazione», specifica il professor Gontero.
Quali sono i pazienti che possono sottoporsi a questo tipo di intervento?
«Il trattamento si rivolge a una fascia abbastanza larga di pazienti. Personalmente, al fine di ottimizzare i risultati, preferisco non applicarlo nel caso di prostate troppo voluminose che superano gli 80 grammi, anche se non sembrano esserci controindicazioni nel trattare prostate fino ai 120 grammi – risponde il professor Gontero -. È sicuramente un buon candidato il paziente giovane che vuole garanzie in termini di completo risparmio funzionale, ma allo stesso tempo l’ultra-mininvasività e la semplice sedazione lo rendono idoneo anche per i pazienti molto anziani e fragili. È inoltre indicato per i pazienti in terapia con anti-coagulanti poiché il rischio di sanguinamento è trascurabile. Gli effetti collaterali del trattamento sono di solito minimi, mentre il beneficio ottenuto si traduce in un significativo miglioramento della qualità di vita del paziente».
Il professor Paolo Gontero conclude facendo alcune considerazioni generali sul trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna: «Oggi abbiamo a disposizione molte tecniche – osserva -: da quelle ultra mininvasive come il Rezum ai trattamenti laser che possiamo definire mininvasivi fino ad arrivare agli interventi di asportazione completa dell’adenoma prostatico (cosiddetta “adenomectomia”) che oggi possono essere resi “meno invasivi” mediante l’impiego della robotica e della laparoscopia. Ritengo sia importante proporre la tecnica più idonea tenendo presente le caratteristiche anatomiche della prostata e l’entità dei danni che ha provocato, ma anche le condizioni di salute e le esigenze del paziente, attuando quindi una scelta terapeutica condivisa e personalizzata. Ad esempio, in presenza di una prostata molto voluminosa posso arrivare a proporre un intervento di adenomectomia robotica a un paziente in buone condizioni in cui è importante garantire un risultato che duri “ad vitam”, oppure una tecnica come il laser “verde” (green-light) se il paziente ha un rischio operatorio aumentato o assume anticoagulanti. Il tutto senza dimenticare che il segreto del successo di un intervento risiede soprattutto nella corretta indicazione e che non sempre una prostata “ingrandita” necessita di essere operata».